La Nuova Sardegna

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Fabio I di Spagna ora vuole il Tour

di Roberto Sanna
Fabio I di Spagna ora vuole il Tour

L’eroe della Vuelta è rientrato ieri in Italia ed è già una star

15 settembre 2015
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SASSARI. Febbraio 2010, il gruppo del rinato (e dopo pochi anni nuovamente defunto) Giro di Sardegna si arrampica pigramente sulle colline del Medio Campidano. Sui tornanti vicino ad Arbus ci sono tanti spettatori, uno di loro è un ragazzino magro e col viso affilato, seduto tutto solo guarda avidamente il passaggio dei professionisti che hanno scelto le strade sarde per preparare la stagione. Si chiama Fabio Aru, da grande vuole fare il ciclista professionista. A scuola ha studiato il latino e il greco antico ma sa già che quella non è la sua strada, lui vuole correre in bicicletta, essere parte di quel serpentone che gli sfila davanti in un attimo. Cinque anni dopo quel ragazzino è sbarcato all’aeroporto di Torino sul volo proveniente da Madrid carico di gloria, è andato oltre il suo sogno, ha riscritto la storia del ciclismo, ha vinto la Vuelta. E i suoi limiti sembrano solo quelli delle cime delle montagne che tanto ama sfidare sui pedali, lui che è dal punto di vista ciclistico è nato sugli sterrati della Sardegna e per assaggiare le salite vere ha dovuto aspettare le prime gare sulle penisola.

Rientro da star. Ad attenderlo, Fabio Aru ha trovato tutte le telecamere delle tv più importanti, è l’uomo del momento. Se prima era “soltanto” famoso, ora è una star. E’ passato dallo status di grande promessa del ciclismo italiano nelle stagioni dominate da Vincenzo Nibali, del quale è stato subito considerato l’erede nelle grandi corse a tappe, a protagonista. Ha vinto la Vuelta dopo essere arrivato secondo al Giro d’Italia (vincendo due tappe), il suo futuro si è presto trasformato in presente. Proprio nell’anno in cui Nibali, suo compagno nell’Astana, ha cominciato a sentire un po’ ingombrante la presenza in squadra di questo ragazzo di Villacidro. Ma Nibali, che lo scorso anno aveva vinto il Tour de France, quest’anno ha “bucato” la stagione, in Francia è stato l’ombra di se stesso e in Spagna è stato ignominiosamente buttato fuori dalla corsa per essersi fatto trainare da un’automobile. Un fattaccio che se non altro ha chiarito le gerarchie interne: da quel momento l’Astana è stata tutta per Fabio. E lui quei gradi se li è meritati vincendo la corsa e correndo sempre all’attacco. Se c’è un’immagine di questa sua impresa, è la telecronaca di Eurosport col commentatore che urla indemoniato «Ajooooo, ajooooooo» ogni volta che lo vedeva sollevarsi sui pedali.

Giornata di riposo. Ieri Fabio Aru aveva un po’ di impegni istituzionali, lo aspettavano in serata anche alla Gazzetta, ma è crollato e ha staccato i contatti col mondo costringendo il suo staff a riscrivere l’agenda. Ha parlato poco, tenendo un profilo sobrio: «Abbiamo festeggiato con la squadra ma niente di particolare – ha detto ai microfoni delle tv –. Siamo andati a cena tutti insieme e ognuno ha detto la sua, nel senso che tutti hanno parlato e fatto un discorso sulla loro esperienza alla Vuelta». La corsa a tappe che arriva per ultima nel calendario e che, proprio per questo, molti considerano un esame di riparazione ma che per Fabio Aru è stato un vero e proprio master. E lui ha imparato così bene da dire che «la Vuelta per me è finita ieri, adesso dobbiamo pensare ai prossimi obiettivi».

La Grande Boucle. Col Giro d’Italia “Fabiolus” senza dubbio va d’accordo (terzo l’anno scorso, secondo quest’anno, magari un giorno lo vincerà) ma per un corridore la grande sfida è il Tour de France, la corsa delle corse. Sfidare i più forti sulle strade entrate nella leggenda grazie anche ai racconti dei più grandi scrittori e giornalisti è il prossimo traguardo di un ragazzo che ha saputo mantenere le promesse del suo talento: «Devo lavorare per andare più forte a cronometro – ha detto parlando di obiettivi – e poi sì, l’idea di correre il Tour de France c’è, è probabile che si faccia. Ne parlerò con la squadra».

I cinque cerchi. Il 2016 è anche l’anno delle Olimpiadi e il tracciato di Rio de Janeiro, dove il 6 agosto si assegnerà la medaglia d’oro, non è il solito percorso piatto per velocisti ma qualcosa di più impegnativo a Copacabana e potrebbe fare al caso di Fabio Aru: «Vedremo, mi sembra un percorso adatto alle mie caratteristiche – ha concluso –, ne ho parlato più volte col ct Cassani, può anche darsi che vada anche sul posto per un sopralluogo». Potrebbe essere una lunga estate la sua, adesso Fabio Aru può godersi il momento di gloria. Lo aspettano passerelle, premi, interviste, l’inevitabile festa a Villacidro. Il Cavaliere dei Quattro mori che sventola la bandiera sarda sul podio e corre sempre all’attacco ha fatto breccia, in un mondo che in mezzo a tanti scandali aspettava una faccia pulita e vincente.

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