La Nuova Sardegna

Sport

Appello a Sardara: «Calma e freddezza»

di Roberto Sanna
Appello a Sardara: «Calma e freddezza»

I tifosi vip del PalaSerradimigni invitano il pubblico a non esagerare e il patron a riflettere: «E lasci perdere Facebook»

09 dicembre 2015
4 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Torniamo tutti coi piedi per terra. Anche i tifosi vip della Dinamo auspicano che le tensioni al Palaserradimigni si allentino e anche il presidente Stefano Sardara viva il momento difficile in maniera più serena.

«Sicuramente già dall’inizio il pubblico ha avuto un atteggiamento un po’ snob – dice Sandro Sini, imprenditore e viceallenatore della Dinamo negli anni Novanta –. Tutti pretendevamo di più, ma la vera premessa è un’altra: per il nostro territorio, avere una squadra come la Dinamo che gioca in Eurolega e vince quello che ha vinto è qualcosa di pazzesco ed è assurdo non riconoscerlo. Fischiare non è mai carino ma ci può stare, anche se non durante la partita. Stefano Sardara è uno che ha fatto tanto, esonerando Sacchetti, che era molto benvoluto anche come persona, ha preso una decisione antipopolare ma nelle situazioni bisogna esserci in mezzo per capirle fino in fondo, al suo posto tirerei dritto. Alla fin fine mi sembra si sia esagerato da entrambe le parti, il mio auspicio è che questo momento segni più che una separazione un momento di svolta. Un passaggio forse doloroso che può servire a tutti per fare un altro salto di qualità. Non dimentichiamo che la Dinamo è in corsa per tutto».

«Non ho fischiato e sicuramente non fischierò mai la squadra – commenta Rosario Cecaro, giornalista, docente universitario e fondatore della Dinamo nel 1960 –, però la gente è libera di farlo e allora chi se ne frega. La cosa più importante resta sostenere la Dinamo, se poi Stefano Sardara vuole davvero andar via, spero sia per ragioni sue e non certe per queste piccole cose che poi passano». «Ho avuto la sensazione che il pubblico fischiasse la prestazione indecorosa della squadra – aggiunge Alberto Pinna, giornalista, editore e uno dei primi soci della Dinamo negli anni Sessanta –, forse il presidente avrebbe dovuto sentirsi amareggiato come ha fatto il coach Calvani a fine gara. Quello di Sardara mi è sembrato soprattutto uno sfogo da primo tifoso, per quanto riguarda la cessione della società, sono quelle cose che prima si fanno e poi si dicono».

«Piove sul bagnato – dice amareggiato Lio Mura, docente di Linguaggio politico nel corso di laurea di Scienze della comunicazione –, penso che ci vorrebbe maggiore controllo da parte di tutti. Non ho fischiato la squadra ma, onestamente, ho avuto la tentazione di farlo. La verità è che tutti siamo male abituati, negli ultimi cinque anni abbiamo avuto una squadra che ha vinto tanto e soprattutto ci ha fatto divertire, adesso è difficile riabituarsi al fatto di lottare per un posto nelle prime otto squadre e disputare la Coppa Italia, ci siamo davvero fatti la bocca buona. La dirigenza dovrebbe capire tutto questo, è stata una reazione a caldo, non si può dire fallito o in crisi tutto il progetto. Quello che si deve evitare è la drammatizzazione, da una parte e dall’altra». «Anche l’anno scorso ci sono stati brutti momenti – dice Andrea Cabras, assicuratore e dirigente della Dinamo negli anni Novanta –, però si percepiva che dietro c’era un lavoro. Adesso forse la gente è spaventata dall’atteggiamento di questa squadra, non sembra che tutti si impegnino al massimo e qualcuno si è indispettito, in più si paga la scelta di mandar via uno come Meo Sacchetti, che era molto popolare e ultimamente anche un altro beniamino dei tifosi come Devecchi sta facendo molta panchina. Credo che serva un po’ più di calma e ponderatezza, soprattutto al momento di fare le scelte».

«Si è creata una situazione pesante e ingiustificata – è il commento di Gianni Delogu, magistrato –, che rischia di mettere in pericolo in pochi mesi quello che è costato anni di lavoro e tantissimi soldi. Purtroppo avevo già visto alcune avvisaglie nel corso della passata stagione, c’erano dei gruppi su Facebook e alcune persone che davano addosso alla squadra e alla dirigenza, addirittura anche durante la finale scudetto. Io la squadra non la fischio, domenica ho visto Devecchi con gli occhi lucidi, pensate quanto può essere brutto per un giocatore vivere certi momenti. Mi è sembrato anche lo sfogo di molte persone che non aspettavano altro, ma non è certo questo il momento di contestare il nuovo coach. La gente deve tornare coi piedi per terra e capire che stiamo parlando di sport e divertimento, non puoi rovinarti la vita per una partita. E il presidente sbaglia a comunicare in questa maniera, a fare tuto da solo. Dovrebbe consultarsi con gli altri e lasciare perdere Facebook che è un vero pantano, si leggono cose terribili su argomenti delicati come il terrorismo e la guerra, figuriamoci se si parla di sport».

In Primo Piano

VIDEO

Il sindaco di Sassari Nanni Campus: «23 anni fa ho sbagliato clamorosamente. Il 25 aprile è la festa di tutti, della pace e della libertà»

L’intervista

L’antifascismo delle donne, la docente di Storia Valeria Deplano: «In 70mila contro l’oppressione»

di Massimo Sechi
Le nostre iniziative