La Nuova Sardegna

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Questa squadra sta ancora cercando la sua vera identità

di Roberto Sanna
Questa squadra sta ancora cercando la sua vera identità

Dyson è stato “inopportuno” e ha riaperto vecchie ferite Ancora tre partite per capire se e come andare sul mercato

22 dicembre 2015
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SASSARI. Se la dirigenza biancoblù avesse potuto scegliere un modo per perdere la partita, quello di domenica sarebbe stato all’ultimo posto. Meglio sotto di 30 dall’inizio alla fine, ma non con una magia di Dyson nell’ultimo minuto. Perché inevitabilmente ha dato la stura a paragoni con Haynes e le sue evidenti amnesie negli ultimi palloni o, peggio, a discorsi su chi abbia deciso di lasciar andar via e questo, in un ambiente che sta ricomponendo la frattura dell’addio di Meo Sacchetti, non è proprio il massimo della vita.

In realtà il problema non si pone perché, conoscendo Stefano Sardara e i suoi collaboratori, non firmerebbero mai un modo per perdere una partita. Così come è inutile intestardirsi in certi discorsi, perché comunque questa non è più la Dinamo di Dyson e nemmeno quella di Meo Sacchetti. Questa è, o meglio sta diventando, la Dinamo di Marco Calvani, che ha portato il suo metodo di lavoro e la sua concezione di basket in una squadra con tanti buoni giocatori ma costruita secondo altre idee cestistiche. Bisogna così capire che cosa può diventare questa squadra e se, per diventarlo, non sia davvero necessario (e quindi obbligatorio) intervenire sul mercato. Le prossime partite, tutte contro top team, daranno il quadro definitivo di un gruppo che soffre ancora di alti e bassi e manca un po’ di protagonismo. Sembra quasi che, nel voler limare gli egocentrismi dell’anno scorso, si sia caduti nell’eccesso opposto. E questo potrebbe far pensare che manchi, al di là degli aspetti prettamente tattici, un altro giocatore forte (nel senso di qualità cestistiche e personalità). Ci sono diversi problemi insoluti, come la collocazione di Petway ed Eyenga e il contributo sempre meno concreto dalla panchina di Stipcevic e Alexander. In tutto questo Calvani continua a lavorare incessantemente sulla mentalità difensiva e sul sistema offensivo, sognando probabilmente un secondo lungo vero da affiancare a Varnado perché lui è così, vuole gli uomini giusti nei posti giusti. Ha bisogno ancora di tempo, non c’è dubbio, ma non la si può allungare all’infinito e prima o poi una linea bisogna tirarla. Per prendere decisioni o anche per decidere che va bene così.

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