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Calvani saluta tra le lacrime Dinamo affidata a Pasquini

di Andrea Sini
Calvani saluta tra le lacrime Dinamo affidata a Pasquini

La società accetta le dimissioni del coach e riparte dal suo general manager

08 marzo 2016
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SASSARI. L’onta dei fischi lavata con le lacrime sincere di chi – alla fine – paga per tutti; le scorie di una domenica di straordinaria tensione spazzate via da autocritiche e ammissioni di responsabilità; l’incertezza di una situazione oggettivamente complicata cancellata con un inatteso colpo di teatro. Ora manca solo un elemento: le vittorie per uscire dalla crisi e agganciare l’obiettivo minimo dei playoff.

Il rimpasto. Il 7 marzo 2016 è una data che in qualche modo entra nella storia della Dinamo: il lunedì post Bologna è quello in cui la società campione d’Italia accoglie le dimissioni presentate la sera prima dal coach Marco Calvani e affida la panchina al general manager Federico Pasquini. Un rimpasto, per usare un termine da tribuna politica, più che una rivoluzione. Ma neppure un passaggio di consegne come gli altri, perché nel suo essere sempre fuori dagli schemi, il club di Stefano Sardara riesce a confermarsi anche nel bel mezzo di una situazione potenzialmente esplosiva.

Una scelta complicata. Dopo la sconfitta di domenica sera contro la Obiettivo Lavoro, che ha fatto uscire per la prima volta la Dinamo dalla zona playoff, coach Calvani aveva rimesso il suo mandato nelle mani del presidente e del general manager. «Non penso di essere io il problema, ma se fosse così sono pronto a farmi da parte». Sardara si è preso una notte per pensarci, ieri mattina dalle 10 ha avuto un lungo faccia a faccia con i giocatori e a mezzogiorno in punto si è presentato in Club House per comunicare ufficialmente le decisioni prese: di fronte a una selva di microfoni e a non meno di una cinquantina di tifosi, il primo dirigente biancoblù ha annunciato di avere accettato le dimissioni dell’allenatore e di avere fatto una scelta interna: per le prossime 8 partite di campionato (più eventuali playoff) il Banco di Sardegna verrà guidato dalla panchina da Federico Pasquini, un “uomo di Sardara” a tutti gli effetti, che gode della massima fiducia della società, dell’ambiente e teoricamente anche dei giocatori, che – nella quasi totalità – lui stesso ha scelto. Al suo fianco avrà gli assistenti Massimo Maffezzoli e Paolo Citrini, gli stessi “uomini ombra” che hanno lavorato per tutta la scorsa stagione e sino al 21 novembre con Meo Sacchetti, poi con Calvani.

Il volto umano. Dopo i veleni delle ultime settimane, le brutte sconfitte – quasi in fotocopia – contro Cremona, Avellino e infine Virtus, e i fischi assordanti che domenica sera hanno accompagnato l’uscita dal campo della squadra, il lunedì post Bologna restituisce all’ambiente una Dinamo dal volto umano: prima Sardara che si assume tutte le colpe per gli errori di questa stagione e poi invita Calvani in conferenza stampa, concedendogli il saluto finale; poi lo stesso coach, che parla con una serenità che negli ultimi mesi nessuno gli aveva più riconosciuto e finisce per scoppiare in lacrime, con un cedimento nervoso tipico di chi al dispiacere aggiunge una sorta di liberazione da un peso enorme. E l’applauso dei tifosi presenti in Club House vale come il riconoscimento dell’onore delle armi per un allenatore che – come si dice in questi casi – alla fine paga comunque per tutti.

La patata bollente. L’era Calvani si chiude dopo esattamente 106 giorni, con un bilancio di 6 vittorie e 8 sconfitte in campionato, 0-4 in Eurolega, 3-3 in Eurocup e l’eliminazione ai quarti nelle Final Eight di Coppa Italia. Federico Pasquini eredita una squadra in condizioni eccellenti dal punto di vista fisico-atletico (tranne Varnado), ma con una situazione psico-motivazionale tutta da verificare. Eliminata la possibile “scusa” di un allenatore sgradito a una parte dello spogliatoio, ora la palla passa proprio alla squadra. Con la quale il presidente Sardara ha detto pubblicamente di essere “molto incazzato”. Per conquistare i playoff ci sono 8 giornate e Pasquini non ha certo bisogno di rivoluzioni. Per essere un perfetto traghettatore gli servirà, molto semplicemente, una squadra che abbia voglia di vincere.

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