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La Dinamo a Pesaro, via allo sprint playoff

di Andrea Sini
La Dinamo a Pesaro, via allo sprint playoff

Esordio in panchina per Federico Pasquini: «Voglio un gruppo coeso»

13 marzo 2016
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SASSARI. «Cosa ci serve in questo momento? Una vittoria». Questo pomeriggio all’Adriatic Arena di Pesaro la Dinamo apre ufficialmente l’era Pasquini e il nuovo coach biancoblù va dritto al sodo. La trasferta in terra marchigiana, che arriva dopo le due sconfitte interne consecutive che hanno portato alle dimissioni Marco Calvani, può rappresentare la svolta per i sassaresi. Anche se il dirigente biancoblù, tornato in panchina dopo 5 anni, non è del tutto d’accordo.

Match chiave. «I margini in classifica sono abbastanza stretti – dice Pasquini –, questa è certamente una gara importante. Credo che se vinceremo sarà molto importante, mentre se non vinceremo ci condizionerà il giusto. Abbiamo fatto cinque allenamenti insieme e non si può ovviamente pensare di cambiare chissà cosa. Si tratta comunque di un bel test per noi, di fronte a 6mila spettatori e a una squadra molto carica. Vorrei soprattutto vedere un gruppo unito, che nei momenti di difficoltà si aiuta anzichè disgregarsi, questa è la priorità».

Obiettivo playoff. La Dinamo affronta oggi la prima di 8 finali per rientrare nella zona che garantisce un posto nella fase scudetto. «Come ho già detto, la questione è ancora apertissima. Questa estate ci sarà tempo per fare tutte le analisi del caso su questa annata difficile e non intendo sottrarmi a questo. Ma in questo momento serve la massima unità, credo che sia l’unico modo per venire fuori da questa situazione e per togliersi la famosa “scimmia” che ti porta a gestire male e a perdere partite che sembrano vinte. Il gruppo deve unirsi e non disgregarsi, perché altrimenti non conta giocare contro Avellino che è in gran forma o contro Bologna che viene da tante sconfitte: si perde comunque».

Il ritorno alle origini. Federico Pasquini, ferrarese di 43 anni, torna dunque in panchina dopo 5 anni trascorsi nella stanza dei bottoni della Dinamo. Prima nel ruolo di direttore sportivo, poi di general manager. In passato è stato capo allenatore a Capo d’Orlando, a Castelfiorentino e a Napoli, prima della stagione come coach della Robur et Fides presieduta da un certo Stefano Sardara. «Sono abituato a dare tutto me stesso nel mio lavoro – ha detto Pasquini – e in questa settimana trascorsa con la squadra ho dato il 150 per cento. Come ho già detto, lo devo alla società, alla città e a tutto l’ambiente. Non ho mai allenato giocatori di questo livello ma penso che devo essere solo me stesso ed evitare di pormi troppi pensieri».

L’impostazione. In questa settimana di lavoro Pasquini ha provato a ridare sicurezza al gruppo, ripartendo dalle cose semplici e dando un’evidente impronta al gioco: difesa e contropiede rapido, e un buon margine di libertà ai singoli. «Si fa presto a parlare di contropiede, in realtà se vuoi farlo devi crederci sino in fondo, il che significa spingere e prenderti un tiro che ha senso, se ci sono le condizioni. Altrimenti se si fa la transizione tanto per farla si rischia di andare in barca».

La cura dei dettagli. Cosa è mancato sinora alla Dinamo? Su questo punto Pasquini sembra avere le idee chiare: «Ci è mancata la continuità ma soprattutto abbiamo sempre fatto un’enorme fatica a risollevarci dopo i momenti difficili. Un brutto finale di quarto ce lo portiamo quasi sempre nel quarto successivo, una sconfitta deludente ci condiziona tutta la settimana e anche nella partita che arriva dopo. Quando succede questo siamo brutti da vedere. Mi ripeto ancora: mi aspetto una risposta da tutto il gruppo, e in questo sono importanti i dettagli: vorrei che i sette della panchina facciano gli ultras per sostenere chi sta in campo, vorrei vedere durante i timeout giocatori interessati a guardare la lavagnetta. Sono dettagli, ma possono spostare gli equilibri».

Occhio alla Vuelle. «Rispetto alla gara dell’andata Pesaro ha aumentato la qualità. Tutti gli occhi sono puntati su Daye, ma in realtà si tratta di un gruppo che ha molti giocatori importanti e molto motivati. Usano molto la zona, sia quella classica che la matchup. Anche da questo punto di vista vorrei che pensassimo un po’ di meno, abbiamo elementi dotati di talento che non hanno necessariamente bisogno di fermarsi a leggere la zona».

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