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Delpin si è dimesso, c’è il Coni nel futuro? «Può essere un’idea»

di Giovanni Dessole
Delpin si è dimesso, c’è il Coni nel futuro? «Può essere un’idea»

Dopo otto anni il presidente lascia il Comitato regionale Figc Grandi numeri e strutture all’altezza: «Il bilancio è positivo»

12 luglio 2016
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SASSARI. «Le mie dimissioni? Già quattro anni fa in assemblea avevo comunicato che questo sarebbe stato il mio ultimo mandato in Figc. In otto anni si può fare tanto, ma in dodici si può anche fare danno. Se perdi grinta e motivazioni rischi di sederti sul tuo ruolo, rimani per 20 anni a invecchiare sulla poltrona e dimentichi che hai una missione».

Andrea Delpin, motiva così la decisione di lasciare, dopo sette anni e nove mesi, la carica di presidente del Comitato regionale Figc Lnd. A tre mesi dal rinnovo delle cariche, dal congresso e dalle elezioni che avrebbero dovuto eleggere il suo sostituto, il massimo dirigente del pallone isolano fa un passo indietro e già cede il passo al suo successore: «In tanti mi hanno chiesto come mai io abbia preso questa decisione con tre mesi di anticipo rispetto alla scadenza – commenta Delpin –. Sto ragionando attentamente e seriamente sulla possibilità di candidarmi a ricoprire un altro incarico. In aggiunta a questo, visto che l’elezione del nuovo presidente è alle porte, ritengo che estraniarmi dalla contesa e non far sentire la mia presenza potrebbe giovare al processo di democratico rinnovamento che passa appunto per le elezioni – prosegue –. Chi è intenzionato a proseguire l’esperienza da me intrapresa è libero di farlo e deve essere totalmente libero di portare avanti la sua campagna elettorale. Intanto, almeno per quest’estate, mi riposerò dopo tante stagioni di duro lavoro».

Altro incarico, altro Ente. Magari il Coni? «A domanda rispondo che mi piacerebbe e che sarebbe una sfida affascinante e importante – dice l’ormai ex presidente Figc Regionale –. Conditio sine qua non dovrebbe però essere l’assoluta e totale convergenza di intenti, perché non vorrei mai spaccare il movimento. Nessun vincolo. Eventualmente si vedrà». Un nome per la successione? «Nessun nome. Mi auguro che abbia più motivazioni di me, che ci sia continuità con quanto fatto in questi ultimi otto anni, che si scommetta sulla comunicazione, sulla capacità di ascoltare le società, sul coraggio di fare investimenti».

La Sardegna e il calcio, un rapporto vivo e travagliato, capace di regalare gioie e scatenare discussioni. Quale la situazione attuale? «Io parto dal presupposto che ho avuto la possibilità di vedere ciò che accade nelle altre regioni d’Italia e posso dire che noi, intesi come Sardegna, siamo fra quelle che hanno perso in assoluto il minor numero di società – afferma –. Il Piemonte in un anno ha perso 50 società, noi 20 in otto anni, molte delle quali sono state recuperate».

Positiva o negativa la fusione dei campionati di terza e seconda categoria? «Una scelta che ha creato qualche mal di pancia, ma proprio in provincia di Sassari ha consentito la creazione di gironi gioiello: tanti derby, trasferte brevi, grandi terzi tempi. Il tutto riducendo i costi organizzativi». Il centro federale di Sa Rodia? «Una delle nostre più belle vittorie. Abbiamo ottenuto tutti i permessi necessari e, come confermato dai vigili del fuoco, è una struttura totalmente in regola. Ora che è tutto a posto inizieranno le attività».

Altri numeri? «Abbiamo 37mila tesserati, un vero esercito. Abbiamo 2670 squadre e poco più di 450 società. La crisi c’è e c’è ovunque. Non è una crisi del calcio, ma è prettamente economica. L’interesse per lo sport si è diversificato e per me non un dramma. L’importante è che la gente, i giovani, non muoiano davanti al computer, che facciano sport».

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