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La Russia non è ancora fuori dai Giochi

La Russia non è ancora fuori dai Giochi

L’ipotesi esclusione resta in bilico: l’obiettivo del Cio è salvare gli atleti “puliti”. Domani la sentenza del Tas sul ricorso

20 luglio 2016
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ROMA. La procedura è stata aperta, ma la decisione non è stata ancora presa: l’unica certezza è che le Olimpiadi di Rio, per la Russia, rischiano di trasformarsi in Giochi sub-judice. Questo perché il Cio, in una riunione d’emergenza convocata dopo la pubblicazione del rapporto Wada sul presunto doping di Stato in Russia, ha preferito prendere tempo prima di bandire Mosca: ad oggi, la partecipazione degli atleti di Mosca alle Olimpiadi resta in bilico.

Le uniche misure concrete prese ieri a Losanna prevedono lo stop ad ogni manifestazione sportiva sotto patrocinio Cio fino al 31 dicembre, con sollecitazione alle federazioni internazionali degli sport invernali a sospendere tutti i Mondiali o le Coppe del mondo delle rispettive discipline, nonchè il riesame completo di tutti gli atleti russi presenti a Sochi 2014 e dei loro allenatori. Inoltre, i dirigenti del ministero dello Sport russo tirati in ballo dal report Wada, non avranno il pass per Olimpiadi e Paralimpiadi. «Esamineremo con cura il rapporto McLaren – ha fatto sapere il Cio – valutando le opzionali legali, confrontando il bando totale di tutti gli atleti e il diritto alla giustizia individuale».

Una prima risposta arriverà domani con la sentenza del Tas sul ricorso degli atleti russi squalificati dalla Iaaf. Ma intanto il Cio, anche per rispondere al rapporto McLaren, ha varato una Commissione disciplinare che esplorerà le opzioni legali. Una mezza soluzione tra chi chiede l’esclusione di Mosca e chi, invece, invoca la presunzione d'innocenza per evitare di punire gli atleti puliti. «Siamo categoricamente in disaccordo con chi ritiene la possibile esclusione dai Giochi di centinaia di atleti russi puliti una accettabile e spiacevole conseguenza delle accuse presenti nel rapporto» ha fatto sapere l’Okr nel giorno in cui il premier Dmitri Medvedev ha firmato l’ordine di sospensione – sino al termine dell’inchiesta – del viceministro dello Sport Iuri Nagornykh. Una mossa che, nelle intenzioni del Cremlino, punta a ulteriori indagini con la partecipazione di tutte le parti coinvolte, per evitare che coloro che «vogliono realizzare il sogno olimpico dipendano da accuse infondate o dalle azioni criminali di alcuni individui».

Questo nel giorno in cui il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov, in una conversazione col segretario di Stato americano John Kerry, ha bollato come «anti-russe» le richieste dell’Agenzia antidoping statunitense. Insomma, la Russia non intende boicottare i Giochi: «Siamo grandi sostenitori delle idee olimpiche e membri della famiglia olimpica – ha fatto sapere il Cremlino – e non vogliamo che queste situazioni danneggino il movimento olimpico».

Intanto il Cio ha chiesto alla Wada di comunicare i nomi degli atleti russi coinvolti nella presunta manipolazione delle provette, accertata dal rapporto McLaren. In attesa dei riscontri in chiave olimpica, la bomba-doping ha inevitabili ricadute anche di natura politica, con il Cremlino che è tornato a difendere il ministro dello Sport, Vitali Mutko, considerato il “regista” del programma doping di Stato. Il suo nome non figura nel rapporto come persona «coinvolta direttamente» e quindi non sarà sospeso, ha fatto sapere il portavoce del Cremlino, Dimitri Peskov dopo che ieri Putin aveva promesso di sospendere i funzionari pubblici citati nel rapporto Wada. E anche il diretto interessato nega ogni suo personale coinvolgimento nello scandalo: si tratta di accuse «irreali e impossibili».

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