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Olimpiadi, parla Oppo: «Peccato: medaglia sfiorata, ma non è una sconfitta»

di Enrico Carta
La festa per Stefano Oppo al rientro a Oristano; a destra coi suoi vecchi allenatori Antonio Marras e Gianmarco Patta
La festa per Stefano Oppo al rientro a Oristano; a destra coi suoi vecchi allenatori Antonio Marras e Gianmarco Patta

Il ritorno del giovane canottiere a Oristano dopo essere arrivato ai piedi del podio con il “4 senza pesi leggeri”

14 agosto 2016
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ORISTANO. Le fatiche non sono finite ai duemila metri. Dopo il quarto posto olimpico, Stefano Oppo ha fatto un volo transoceanico, prima di prendere l’ultimo aereo e di raggiungere via Monteverdi a Oristano nella mattinata di ieri. Tempo di imbucarsi direttamente nel letto e recuperare lo sballottamento da fuso orario? No, tempo di affrontare l’ultimo piacevolissimo campo di regata, quello allestito dal comitato di accoglienza che ha preparato una festa al suo campione di rientro da Rio de Janeiro.

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L’abbraccio ai genitori Adriana e Luigi, il saluto ai vecchi allenatori e compagni del Circolo Nautico Oristano e poi gli inevitabili complimenti e le domande che piovono a raffica. Passato, presente e futuro si incrociano già nei pensieri del canottiere del “quattro senza pesi leggeri” che, a dire il vero, a parte la dormita pomeridiana, di riposo ne avrà ben poco. Farà immediatamente rotta per Piediluco dove preparerà la barca azzurra che a fine mese sarà in gara a Rotterdam nei mondiali under 23.

Togliamoci subito il dente che duole: quanto è brutto il quarto posto?

«Finita la gara eravamo veramente tristissimi, però se pensiamo al punto da cui siamo partiti solo un mese fa, per non parlare di tre anni fa e dei risultati ottenuti in questo tempo, della vittoria in batteria e in semifinale, la soddisfazione è tanta. È stata una prestazione veramente super, sono gare che sino a due settimane fa avevo visto solamente in tv da ragazzino. Stavolta c’eravamo anche noi. Certo che essere arrivati così vicini alla medaglia mette un po’ di tristezza. Comunque onore agli altri perché sono stati più preparati di noi».

Allora cancelliamo immediatamente la parola delusione dal vocabolario brasiliano.

«Ovvio. Non dimentichiamoci che avevamo anche degli avversari fortissimi a fianco. È stata una gara, si può vincere o perdere e non è stata una sconfitta. Lo sport è questo e questo è il suo valore più importante».

Quanto è bella un ’Olimpiade?

«È unica e unico è tutto l’ambiente. Sono tutti molto amichevoli, sembra di essere sempre stati nel villaggio con amici di tutti i giorni. Poi, certo, ci sono le gare e lì non si guarda in faccia nessuno».

Noi invece guardiamo di nuovo lontano. Quattro anni ovvero 1.460 giorni ci separano dal prossimo giro. Dall’America del Sud all’Estremo Oriente nel 2020?

«Penso a Tokyo? Ma certo che ci penso sin da ora. Per fortuna c’è tempo, bisognerà lavorare bene, ma l’obiettivo diventa quello di vedere ancora una volta i cinque cerchi dal vivo».

Più facile farlo sulla spinta del tifo che è arrivato anche da lontano.

«I tifosi sardi, oristanesi e ghilarzesi sono stati fantastici. Mi aspettavo calore, ma quello che è successo è stato davvero inimmaginabile. Sono rimasto stupito da tanto sostegno da chi non era con me a vedere la gara».

Anche loro sono pronti a replicare. A fine agosto a Rotterdam, prima tappa di un viaggio che si spera arrivi in Giappone. Il sole del canottiere oristanese si sta appena levando.

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