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Quattro sardi nel film “Matti per il calcio”

di Claudio Zoccheddu
Quattro sardi nel film “Matti per il calcio”

Alla Festa del cinema di Roma la storia della nazionale dei pazienti psichiatrici Nel cast gli oristanesi Cristian Maoddi, Sergio Medda, Mauro Pisanu e Silvio Tolu

18 ottobre 2016
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ORISTANO. Francesco lancia lo spot, Cristian annuisce e sorride incredulo. Uno è Totti, capitano della Roma e totem del calcio italiano, l’altro è Maoddi, pilastro dei Fenicotteri di Oristano e della nazionale italiana di calcio a 5 composta da pazienti psichiatrici. Tra i due c’è un legame fatto di classe e di lucida follia calcistica perché Cristian, come Francesco, lascia tutti di sasso quando ha un pallone tra i piedi. Lo faceva quando si metteva a palleggiare sul lungomare di Torregrande con il piglio, e i giochi di prestigio, del freestyler e lo fa ancora adesso quando calca i campi di calcio a 5 di tutta Italia. Entrambi, poi, indossano la maglia più amata: la numero 10 che fu di Pelè e di Maradona.

I due fantasisti si sono incontrati per registrare un promo del documentario “Crazy for football”, ideato dallo psichiatra Santo Rullo, girato dal regista Volfango De Biasi e prodotto da Raicinema e Istituto Luce. La pellicola, che i questi giorni è stata proiettata alla Festa del cinema di Roma, racconta l’avventura della nazionale italiana ai mondiali di Tokio, i primi organizzati per atleti con disturbi psichici. In Giappone sono volati Cristian Maoddi di Oristano, autore del primo storico gol della rappresentativa italiana, e Silvio Tolu di Arborea. Alla spedizione non hanno preso parte, solo per motivi che prescindono dall’abilità calcistica, altri due atleti oristanesi che sono nel giro della nazionale: Sergio Medda di Riola Sardo e Mauro Pisanu di Nurachi. Il viaggio in Giappone si è concluso con un piazzamento dignitoso ma sul volo del rientro è salita anche la consapevolezza di aver scoperto la vera medicina per superare problemi che vanno dalla schizofrenia alla depressione, dal disturbo bipolare agli attacchi di panico. Un medicinale che ogni domenica “cura” malati in tutto il mondo e che risponde a un nome che varia a seconda delle latitudini: in Italia si chiama calcio, per gli anglofoni invece èil football, mentre diventa futebol per portoghesi e brasiliani.

E se il calcio è la medicina, i quattro “fenicotteri” di Oristano rischiano la più dolce delle assuefazioni perché il progetto è prima di tutto un vero impegno sportivo fatto di allenamenti, tattica e partite giocate con l’idea di portare a casa i tre punti. Sempre. Una voglia matta che aiuta a crescere e a prendere a calci, questa volta in senso figurato, il lato oscuro di un’esistenza che rischiava di scivolare via in silenzio, sotto il fuoco incrociato dell’ipocrisia e dell’ignoranza di chi pensa che i disturbi psichici non siano niente di più che malattie da curare in farmacia.

I quattro di Oristano sono la prova concreta dell’esistenza di un nuovo metodo, di una nuova cura, e possono rappresentare l’invito sommesso di un mondo che chiede attenzione alle istituzioni per provare nuove vie di fuga dalla solitudine e dall’emarginazione.

La ricetta, in fondo, è semplice, e non ha bisogno del ticket.

L’esempio è quello fornito dai responsabili dell’associazione oristanese “Una ragione in più” che hanno messo insieme un’educatrice della Asl , un allenatore federale e un gruppo di volontari che sono stati capaci di regalare a quattro ragazzi un’avventura fantastica fino alla fine del mondo, con la maglia azzurra sulle spalle e con la testa libera da fantasmi che fanno sempre meno paura.

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