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Un altro Sechi nel futuro della Torres

Un altro Sechi nel futuro della Torres

Debutto da titolare per il portiere rossoblù più giovane di sempre: «Non è andata come speravo, ma che emozione»

18 gennaio 2017
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SASSARI. Non è il più giovane della squadra ma è il portiere più giovane nella storia della Torres ad aver giocato come titolare in un campionato nazionale. Antonio Sechi, diciotto anni compiuti a dicembre, si è trovato catapultato tra i pali della porta rossoblù nel momento più difficile della stagione. La squadra ha perso il derby col Muravera ma lui non ha demeritato. Anzi.

Quando hai saputo che avresti giocato?

«Sabato pomeriggio. Mi ha chiamato Tore Pinna e mi ha detto che non ci sarebbe stato per un grave lutto personale. E’ stato franco e diretto come sempre. Mi ha fatto gli auguri e mi ha detto “adesso tocca a te”».

Che emozione hai provato?

«E’ difficile da descrivere. Solo chi ha vissuto il sogno di calcare il prato del Vanni Sanna può capirlo».

Domenica non è andata bene. Perchè?

«Credo ci sia stata un po’ di sfortuna e abbiamo pagato il fatto di essere una squadra rivoluzionata nel mercato di dicembre che deve ancora mettere a posto alcuni meccanismi. Miglioreremo e sappiamo di doverlo fare in fretta».

Facciamo un salto indietro. Chi è Antonio Sechi?

«Sono nato ad Alghero e ho cominciato a giocare a calcio con i pulcini della Mercede. Poi sono passato all’Audax e infine nella squadra allievi della Torres. Con i rossoblù sono cresciuto fino a diventare il vice della prima squadra».

Che cosa hai dovuto sacrificare per il pallone?

«Nulla perchè il calcio è la mia vita. Da piccolo facevo quattro volte alla settimana Alghero-Sassari e ritorno per allenarmi. E devo dire che ho avuto un grande aiuto da parte dei miei genitori».

Qual è la squadra del cuore dopo la Torres?

«Sono sassarese e quindi juventino. Bianconero dalla nascita».

C’è un portiere al quale ti ispiri?

«Ce ne sono due: Salvatore Sirigu e Federico Marchetti. Ho avuto la fortuna di conoscerli e spero di poter seguire le loro orme. Anzi dico di più: con Marchetti ho fatto uno stage riservato ai giovani portieri e lui mi ha pronosticato un futuro in serie A. Da allora, quando posso, gioco con il suo numero: il 22».

Sai che alla Torres c’è già stato un portiere che si chiama Antonio Secchi?

«Lo so ma non siamo parenti. Lui è Secchi con due c. E non sono parente nemmeno di Salvatore, l’imprenditore che ha affiancato il presidente nel tentativo di salvare la società».

Insomma nessuna raccomandazione...

«No, mi sono conquistato la prima squadra lavorando e impegnandomi tutti i giorni».

La tua qualità più importante?

Credo il carattere. Per un portiere è fondamentale. E io sono sempre stato uno tosto».

E il difetto?

«Forse la gestione della palla. Non sono bravissimo con i piedi però mi rendo conto che oggi e fondamentale aiutare la difesa partecipando al gioco. Devo migliorare».

La Torres è ultima in classifica. Si salverà?

«Spero di sì. Abbiamo perso una partita importantissima con il Muravera e adesso dobbiamo rifarci domenica nel derby col San Teodoro. Non sarà una gara facile, ma proveremo a prenderci i tre punti».

Una tua valutazione sulla squadra.

«E’ cambiata molto. Sono arrivati giocatori che hanno grandi qualità tecniche e tantissima esperienza. Io sono fiducioso e credo che sia stato importante aver ritrovato anche i tifosi».

Hai anticipato l’ultima domanda. Che cosa è per te la Torres?.

«E’ una società ultracentenaria che meriterebbe un posto nel calcio professionistico. E’ una squadra che ha un seguito straordinario che noi non possiamo deludere».

Antonio Ledà

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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