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Vanuzzo non molla: «Gioco ancora» 

di Andrea Sini
Vanuzzo non molla: «Gioco ancora» 

Chiusa l’avventura a Udine in serie A2, a 42 anni l’ex capitano della Dinamo non è ancora pronto per dire basta

08 giugno 2017
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SASSARI. La pensione può attendere, e con lei i possibili ruoli tecnici o dirigenziali. Manuel Vanuzzo non dice basta, anzi rilancia: 42 anni non sono ancora abbastanza per levarsi definitivamente canotta a pantaloncini: l’ala veneta, per quasi un decennio bandiera della Dinamo, torna in Sardegna dopo due stagioni trascorse a Udine, ma lo fa per giocare. «Me la sento ancora – sorride – gli acciacchi ci sono ma non riesco a staccarmi dal campo».

Nove stagioni in biancoblù, con la scalata dalla A2 allo scudetto, e poi gli ultimi die anni trascorsi a Udine, non certo per svernare. «No, anche perché là non c’è il clima di Sassari – dice –. Però sono arrivate una promozione in A2 e una bella salvezza. Mi sono divertito, sono stato benissimo, ma ora rientro in Sardegna con l’obiettivo di non spostarmi più».

Il suo nome già da diverse settimane è stato accostato a quello della nascitura Dinamo Lab con sede a Cagliari, ma il progetto di acquisizione del titolo sportivo di A2 di Ferentino negli ultimi giorni pare avere subito uno stop. «Non so come andrà – dice – quella per me sarebbe certamente una buona opzione. Vedremo».

Nel frattempo, non pago degli “allenamenti” fatti con il piccolo terremoto Thiago, il figlio sassarese avuto dalla compagna Laura, Vanuzzo sarà in campo al Dinamo Camp del Canopoleno. «Stare con i bambini mi piace, fare i camp è sempre molto divertente, ma è solo perché siamo in estate: quella dell’istruttore non è ancora la mia strada...».

La vicinanza alla Dinamo, al presidente Sardara e allo staff (oltre che a Devecchi, amico e compagno di mille battaglie), fa di lui un osservatore privilegiato delle dinamiche legate alla squadra con la quale ha alzato da capitano cinque trofei: la coppa di Legadue, due coppe Italia, una supercoppa e il trofeo per lo scudetto 2014-’15. «Sembra che si vada verso una nuova rifondazione, ma con 7 stranieri non è mai facile creare uno zoccolo duro. Noi ai nostri tempi abbiamo avuto la fortuna di trovare personaggi particolari come i cugini Diener: si è creata una situazione ideale anche per gli stranieri, abbiamo aperto un ciclo e ci siamo tolti grandi soddisfazioni. Poi abbiamo cambiato tutto e abbiamo vinto tre titoli in una stagione. Insomma, non è tutto scontato, ma ripartire da capo non è mai semplice».

«In generale – prosegue Vanuzzo – i giocatori americani quando fanno bene poi hanno mercato e non è mai facile trattenerli, trovare elementi che ragionino sulla base della tranquillità e puntino a fermarsi diversi anni non è affatto facile. Noi abbiamo avuto la fortuna di fare un percorso molto lungo, anche con coach Sacchetti. Ma è davvero un’eccezione».

Pasquini avrà dunque ancora una volta il compito di ricostruire la squadra quasi da zero. «Ho vissuto da dentro questa situazione e sono convinto che costruirà una buona squadra, proprio come in quest’ultima stagione – dice l’ala nata a Dolo, nell’entroterra veneziano –. La bravura è stare ad alto livello per tanti anni, ma dopo il bellissimo “incidente” del triplete non tutti hanno capito che Sassari resta Sassari, con un budget diverso dalle grandi ma con la possibilità di essere comunque competitiva. Loro quest’anno sono stati al top in tutte le competizioni, nei playoff sono usciti contro Trento che è arrivata a vele spiegate in finale, non con una squadra mediocre. Sardara sta dando certezze e continuità a tutto questo, è impensabile non avere fiducia».

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