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Arras carica l’Olbia «I modelli da seguire? I miei compagni»

Arras carica l’Olbia «I modelli da seguire? I miei compagni»

La punta 19enne: «Non sono Messi, io ho solo da imparare» E sul campionato: «Voglio dare tutto per questa maglia» 

14 agosto 2017
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OLBIA. Un olbiese per l’Olbia. A chi contestava l’assenza di matrice identitaria, un passo per avvicinare la squadra alla gente, il presidente Alessandro Marino in tempi non sospetti aveva risposto con un acquisto: Davide Arras. Nato e vissuto a Olbia, anche se cresciuto nel paese della mamma, Berchidda, Arras ha dentro di sé quell’orgoglio e quella fame per far bene con la maglia della squadra della sua città che costruiscono un combinato tecnico e umano dal potenziale deflagrante. «Indossare questa maglia mi carica, certo sento la responsabilità ma questo è uno stimolo in più per fare bene – spiega Arras da Lunamatrona, dove l’Olbia sta completando la seconda fase del ritiro in vista della partenza del campionato –. Voglio dare tutto per questa maglia». E d’altronde Arras, classe ’98, non ha mai avuto paura delle responsabilità.

Notato fin da giovanissimo dai più importanti club calcistici nazionali, nel 2013, a 14 anni, si era dovuto trasferire a Vicenza, dove era stato chiamato per giocare nei Giovanissimi Nazionali. In una stagione mise a segno ben 28 gol e le sue prestazioni non passarono inosservate. Così si fece avanti la Juventus. «Sono stati due anni molto difficili quelli alla Juve, ma che mi hanno insegnato molto. Arrivavo da Vicenza dove trovai una vera e propria famiglia, dove vivevo benissimo con i miei compagni di squadra. L’ambiente di Torino non fu esattamente lo stesso». A quel punto arrivò il Cagliari, che si fece avanti per riportare quel giovane talento nella sua terra. Ma ci fu di mezzo l’affare Donsah con i bianconeri, che non si concretizzò e così Arras restò per un po’ in una sorta di limbo. Finché il Cagliari non diventò realtà. «Il primo anno nella Primavera del Cagliari è stato la mia salvezza, negli anni alla Juventus avevo perso fiducia in me stesso – spiega –. Mister Canzi mi ha aiutato molto, siamo stati un grande gruppo capace di arrivare ai playoff persi contro il Torino. Quell’anno feci 12 gol. Da lì posso dire che sono ripartito». Oggi il gruppo è quello con la maglia bianca: giovane, di talento e con la scritta Olbia nel cuore, oltre che sulle maglie. «Siamo un gruppo bellissimo e non è una frase fatta. Lavoriamo insieme, c’è un clima perfetto – conferma –. Quando mi chiedono se ho modelli o di descrivermi come giocatore, rispondo che i miei modelli sono i compagni di squadra: oggi Kouko, Ragatzu, Ogunseye, Piredda e tanti altri. Io ho solo da imparare, non sono Messi o Cristiano Ronaldo. Io devo correre e combattere in campo per guadagnarmi il posto». Spirito olbiese per far grande l'Olbia. Quello che la città e la tifoseria chiedevano.

Giandomenico Mele

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