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Marco Spissu: «Sognavo la Dinamo, sono pronto a dare tutto»

di Andrea Sini
Marco Spissu
Marco Spissu

Domenica tornerà a vestire la maglia biancoblù al palazzetto: «Dopo 4 anni in giro per l’Italia sono cresciuto e voglio essere protagonista»

29 settembre 2017
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SASSARI. L’emozione del ritorno a casa, la consapevolezza di dover dare sempre il massimo, la certezza di essersi meritato, dopo tanta gavetta, una chance importante con la sua squadra del cuore, quella che gioca le partite in casa a meno di 100 metri dalla porta di casa sua. Dinamo-Cantù, match che domenica pomeriggio apre il campionato 2017-’18 della squadra biancoblù, è anche la partita di Marco Spissu. Il talentuoso play “made in Sassari”, classe 1995, torna a vestire la maglia del Banco di Sardegna quasi quattro anni dopo l’ultima volta. «Ma allora ero solo un ragazzino aggregato alla prima squadra – sorride –, ora arrivo con una diversa esperienza e una diversa responsabilità. In questi anni mi sono fatto le ossa, ho mangiato tanto fango, diciamo così...».

Master and back. Bari, Casalpusterlengo, Reggio Calabria, Tortona, Bologna (sponda Virtus), sono le tappe di una crescita costante, una scalata dai campionati minori, affrontati con le maglie di Torres e Sant’Orsola, alla serie A. Una storia da “master and back”, più che da figliol prodigo. «Sì, perché io sono andato via con un’idea fissa in testa: tornare qua, giocare nella squadra della mia città. Avevo questo obiettivo – dice “Spissino” – e ho fatto di tutto per meritarmelo, lavorando sul campo senza risparmiarmi».

Il canestrino in cortile. Da via Sieni all’ingresso del settore C del palazzetto non ci sono più di 100 metri. Marco è cresciuto qui, in una famiglia di sportivi: mamma ex cestista, babbo allenatore, fratelli tutti malati di basket. Nel canestrino in cortile suo fratello Andrea provava a imitare le schiacciate di George Banks, Marco volava più basso ma aveva già le idee chiare: costruire gioco, tirare, fare canestro. Proprio come Chalmers, stella biancoblù in A2 nel 2006-’07, il suo primo idolo in carne e ossa. Chalmers, non a caso, è anche il nome del cagnolino di famiglia.

Sogno e realtà. «Quando sono tornato al palazzetto per allenarmi, nelle ultime settimane, ho pensato spesso alle migliaia di ore trascorse qui a tirare, alle partite giocate ai tanti sacrifici fatti. Il pensiero di tornarci domenica davanti a 5 mila persone è emozionante, ma non posso permettermi distrazioni, c’è una partita da vincere e questa è l’unica cosa che conta. Anche perché un bello schiaffo me lo sono preso subito, a Forlì, e non ho intenzione di ripetere gli stessi errori».

Il riferimento è al match di Supercoppa di sabato scorso contro Venezia: prima gara ufficiale della stagione, battezzata con un paio di errori e giocata con il freno a mano tirato. Una cosa non da lui. «Sono sereno – dice – già sabato notte sapevo esattamente dove ho sbagliato e cosa ho fatto che non andava. Può capitare, ma non voglio che si ripeta».

La grande sfida. Dopo un anno in serie A2 da protagonista assoluto, dopo un’estate da “uomo mercato”, ora il gioco si fa duro. «Questo per me è un nuovo punto di partenza – sottolinea Marco Spissu –. Non temo le responsabilità, la pressione mi fa lavorare meglio e mi permette di dare di più. Ogni anno ho fatto uno step in più, dalla serie C in poi. Non sento di dover dimostrare niente, mi interessa soltanto quello che pensa il coach: devo solo fare di tutto per confermarmi a certi livelli anche in serie A. Oggi questa è la mia sfida, poi più avanti si vedrà. Sognare non costa nulla, io non mi sono mai posto limiti».

Dal canestrino in cortile al parquet del palazzetto: sono solo cento metri, ma è una scalata da uomini veri.

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