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«Io, la 10 del Cagliari e il sogno Seleçao»

di Roberto Muretto
«Io, la 10 del Cagliari e il sogno Seleçao»

Joao Pedro si racconta parlando a tutto campo: «Questa maglia è speciale. E che emozione stringere la mano a Gigi Riva»

13 ottobre 2017
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CAGLIARI. Le emozioni per aver stretto la mano al mito Gigi Riva e indossato la fascia di capitano del Cagliari. La “saudade”, la passione con la quale vivono il calcio i sardi, la maglia numero 10, la nazionale brasiliana. Joao Pedro apre il suo cuore. Il “genio” rossoblù si racconta con la semplicità di chi sa cosa vuol dire fare sacrifici. JP10 non è uno che se la tira. È un ragazzo acqua e sapone, l’amico della porta accanto che sa farsi apprezzare e voler bene.

Lei ha firmato col Cagliari fino al 2021, ma oggi i contratti hanno un valore?

«Per me significa avere un rapporto di fiducia con il club col quale lavori. Se poi vuole sapere se resterò qui fino alla scadenza, è difficile dirlo. Nel nostro mestiere cambia tutto così in fretta».

I tifosi stravedono per lei, ci racconta questo rapporto?

«Mi è subito piaciuta la passione con la quale qui si vive il calcio. I sardi sono persone speciali, me lo hanno dimostrato tante volte. Ho vissuto momenti belli e altri brutti con questa maglia, ma il sostegno della gente è rimasto sempre lo stesso. Essere sinceri non è una qualità comune a tutti».

Ha mai pensato alla nazionale brasiliana?

«Sarei bugiardo se dicessi no. Ho giocato con tutte le selezioni giovanili, so cosa significa indossare quella casacca. Il sogno di ogni calciatore è rappresentare la propria nazione, io non faccio eccezione».

Ci spiega cos'è la saudade?

«Sono andato via di casa quando avevo 13 anni, ho vissuto lontano dalla famiglia che per me è la cosa più importante. I primi tempi sono stati difficili, qualche volta ho pianto. Adesso mi sono abituato ».

Del Brasile che cosa le manca di più?

«La mia casa, la nostra cultura. Sono una persona che esce poco, a volte penso ai luoghi dove sono cresciuto e mi prende un po’ di malinconia. Poi mi ricordo che vivo in una gran bella città e passa tutto».

Farias e Rafael sono brasiliani come lei; con gli altri compagni di squadra con chi ha legato di più?

«Vado d’accordo con tutti. Diciamo sempre che siamo un gruppo unito ed è la verità. E' normale che sia più legato a Sau, Dessena, Barella, ma solo perchè li conosco da più tempo, sono qui da tanti anni».

Cento presenze con il Cagliari, un bel traguardo.

«Senza dubbio. E' motivo di orgoglio, uno stimolo a dare sempre il meglio. Ho giocato in diverse squadre, ma questa è la città dove mi sono trovato meglio. C’è il mare, il sole, un clima mite. Sto benissimo».

La maglia numero 10 ha lo stesso valore di una volta?

«Oggi non ci sono tanti campioni come anni fa. Ricordo che quando ero bambino chi aveva sulle spalle questo numero era un fuoriclasse indiscutibile. Forse la 10 oggi ha un po’ meno appeal ma io sono orgoglioso e fortunato di poter giocare con quel numero sulla mia maglietta».

La fascia di capitano che sensazioni provoca?

«Quando l’ho messa ho sentito un brivido. Ti rendi conto di avere più la responsabilità, provi una soddisfazione che con le parole non so spiegare».

Il Cagliari è più forte dell’anno scorso?

«È presto per dirlo. Sette partite sono poche per esprimere un giudizio serio. Conta poco dire se siamo più forti o meno di un anno fa, conta solo quello che faremo sul campo».

Bel colpo Pavoletti?

«L'ideale per noi. Ci aiuterà a raggiungere i nostri traguardi. Ha tanto entusiasmo».

La società dice: Joao Pedro è incedibile. Le fa piacere?

«Sì, perché significa che hanno fiducia in me. Il Cagliari è contento del mio contributo alla squadra e questo mi fa moltiplicare le energie».

Ma se arrivasse in futuro un’offerta da una big italiana o europea?

«Mi piacerebbe sapere se esiste un calciatore al quale non piacerebbe giocare la Champions League o lottare per lo scudetto. Non credo. Io non penso a queste cose, so che devo fare bene qui, la mia big è il Cagliari. Non ho la sfera magica e non posso prevedere il futuro».

Il traguardo è la salvezza?

«Sì. Ma soprattutto fare meglio dell’anno scorso».

E il suo obiettivo?

«Tornare a indossare la maglia della nazionale brasiliana. È il mio sogno».

Domenica c'è il Genoa e non potete sbagliare.

«Vogliamo tornare a vincere, è fondamentale per il futuro».

Come spiega il blackout dopo la vittoria a Ferrara?

«Un po' la stanchezza, un po' colpa nostra e un po' di sfortuna. Ai tifosi dico di non essere pessimisti e aiutarci».

I tifosi vogliono realizzare una statua per Gigi Riva. Qual è il suo pensiero?

«Un'idea bellissima. Condivido quanto ho sentito nei giorni scorsi, Gigi merita di stare sul piedistallo. Ho avuto la fortuna di conoscerlo, stringergli la mano. Mi ha colpito la sua umiltà. Quando l'ho raccontato a mio padre, lui mi ha detto che Riva è stato un campionissimo, uno degli attaccanti più forti del mondo. Parla la sua storia, poteva giocare con i club più importanti, guadagnare cifre esorbitanti, ma ha scelto di restare a Cagliari. Un grande».

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