La Nuova Sardegna

Sport

Tutto Cagliari
il personaggio 

“El Jefe”, cuore rossoblù e tempra da condottiero

di Enrico Gaviano
“El Jefe”, cuore rossoblù e tempra da condottiero

La storia rossoblù di Diego Lopez: giocatore dal 1998 al 2010 e allenatore dal 2012 al 2014

19 ottobre 2017
3 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Lo chiamano “El Jefe”, il capo. Che per un calciatore uruguaiano è un complimento grande così. Quel soprannome ce l’aveva il grande Obdulio Varela, il giocatore di colore che fu protagonista del mondiale vinto dagli uruguagi nel 1950 battendo il Brasile al Maracanà. Diego Lopez questo nomignolo se lo è meritato per il suo carattere: uomo autorevole più che autoritario. Prima come capitano della squadra rossoblù in cui ha giocato dal 1998 al 2010, poi come allenatore dal 2012 al 2014. Amato in maniera viscerale dal pubblico cagliaritano insieme a Daniele Conti, l’altro “capitano” della storia recente cagliaritana.

E pensare che nel 1998 l’arrivo in squadra, proveniente dalla Spagna (Racing Santander), per il 24enne Lopez non fu dei migliori. In panchina c’era Giampiero Ventura, l’attuale tecnico della nazionale, che proprio non lo vedeva. Gli fece fare giusto una partita, contro la Sampdoria, poi lo tenne ad ammuffire in panchina. Ma dopo quella brutta annata, Lopez diventa uno dei protagonisti della squadra. Anche se subito ci fu la retrocessione del 1999-2000, con Tabarez e poi Ulivieri in panchina. E poi 4 lunghi anni in serie B. Nel 2004 il ritorno in A che, con lui in campo, il Cagliari non abbandonerà più. In totale 314 partite (e 7 gol) di cui 194 in A (3 gol in A). Un numero di presenze che ne fanno il quinto assoluto nella storia rossoblù alle spalle di Daniele Conti (434), Mario Brugnera (328), Gigi Piras (320) e Gigi Riva (315). Sommando anche le presenze da allenatore risulta invece al terzo posto dietro sempre Daniele Conti e il mitico Marieddu Tiddia.

Tutto questo per sottolineare come Dieguito “El Jefe”, non è uno di passaggio, ma uno che è stampato nel cuore dei tifosi del Cagliari con il marchio di fuoco. Lui ha sempre ricambiato questo affetto, e lo ha ribadito anche stavolta, dopo aver accettato di ritornare alla guida della squadra: “Questa è casa mia”. Non in senso figurato, ma nel vero senso della parola perché lui a Cagliari ci vive ed è intenzionato a passarci moltissimi anni.

Del giocatore Lopez si ricordano le imprese da difensore centrale, un vero mastino dell’area di rigore. Ma anche due gol particolari che consentirono al Cagliari, in combutta con Daniele Conti, di ottenere due storici pareggi contro Roma e Napoli. Nel primo caso, il Cagliari era sotto di due gol a 3 minuti dalla fine, Lopez segnò il 2-1 e poi a tempo scaduto ci pensò Conti a beffare la “sua” Roma. Nel secondo caso, ma a Napoli, Lopez segnò l’1-1 prima che i partenopei passassero nuovamente in vantaggio e Conti, ancora lui, da specialista della zona Cesarini, non siglasse il 2-2 definitivo all’ultimo giro di orologio.

Da allenatore, nel 2012-2013, fu chiamato con Pulga (che aveva il patentino) a rimettere in sesto una squadra che andava a rilento con Ficcadenti. Nella stagione successiva divenne lui il capo allenatore prima che Cellino lo giubilasse per affidare la squadra al solo Ivo Pulga. A seguire altre due esperienze in panchina. Prima a Bologna in B, in cui riuscì a portare la squadra ai play off ma fu esonerato a poche giornate dalla fine, poi a Palermo in serie A, chiamato a gennaio di quest’anno, a rimediare a una situazione ormai compromessa. Ora ritorna a casa. “El Jefe” è pronto.


 

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative