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l’addio 

Ventura: «Le sconfitte non sono mai figlie di un solo colpevole»

ROMA. Passato e (possibile) futuro della guida tecnica azzurra si intrecciano, in attesa che il Consiglio federale di lunedì sveli le proposte del presidente, Carlo Tavecchio, e ne sveli il destino....

18 novembre 2017
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ROMA. Passato e (possibile) futuro della guida tecnica azzurra si intrecciano, in attesa che il Consiglio federale di lunedì sveli le proposte del presidente, Carlo Tavecchio, e ne sveli il destino. Da una parte Gian Piero Ventura ha salutato i tifosi della nazionale, mescolando all’amarezza per la mancata qualificazione al Mondiale del 2018 qualche venatura polemica («le sconfitte, soprattutto quelle più dolorose, non si possono spiegare con una sola verità»). Dall’altra Antonio Conte - uno dei candidati con Ancelotti, Ranieri e Mancini - non ha chiuso all’ipotesi di un clamoroso ritorno, nonostante sia legato al Chelsea fino al giugno 2019.

Tutti gli attori, intanto, aspettano di vedere se il numero uno della Figc troverà quella maggioranza che gli è indispensabile per restare in sella: al momento, solo l'Aic ha espresso la sfiducia. Tutti gli altri aspattano le mosse di Tavecchio, e non solo quella di maggior effetto, la scelta del successore di Ventura. Scelta che non sarà facile, né veloce. Non c’è particolare fretta: le qualificazioni all’Europeo del 2020 inizieranno a marzo 2019, precedute però dalla Uefa Nations League.

«Sono stati, e sono, giorni difficili e di profondo dispiacere», è intanto l'addio di Ventura. «Provo una sensazione di incompiutezza dal momento in cui non ho raggiunto il traguardo dei Mondiali. Guidare la Nazionale mi ha trasmesso senso di appartenenza ed orgoglio mai provati prima perché non ci può essere niente di più grande. Ho lavorato con tutto me stesso, con serietà e professionalità: non sono riuscito là dove ero convinto di farcela alla guida di un gruppo di ragazzi che non smetterò mai di ringraziare». Poi, la stoccata: «Nel calcio, le vittorie sono sempre il prodotto del merito di tanti. Allo stesso tempo le sconfitte, soprattutto quelle più dolorose, non si possono spiegare con una sola verità: nel momento dell'insuccesso bisogna dare risposte ad una lunga serie di interrogativi».

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