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Paco ma sicuro: «Alghero ti riporto in A»

di Mario Carta
Paco ma sicuro: «Alghero ti riporto in A»

Figlio di profughi albanesi, Ogert da 16 anni è all’Amatori: «Una scelta di vita. Qui ho trovato una famiglia e un lavoro»

22 marzo 2018
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INVIATO AD ALGHERO. Più che un pilone, una colonna. Portante, e importante. Fondamentale anzi per l’Amatori Rugby Alghero capolista della serie B, che quest’anno dice: ora o mai più. E punta dritta al ritorno in serie A trascinata dalla grinta del suo campione albanese-catalano.

Argentino no, proprio no, anche se per un equivoco quando arrivò all’Alghero, ormai 16 anni fa, il Paco così gaucho del cognome fu scambiato per il nome di battesimo, che invece all’anagrafe di Durazzo, in data 21.1.1979, risulta Ogert. È figlio di due nazionali di basket albanesi profughi per motivi politici e trapiantati a Milano. Lui ora è un dirigente di Esselunga, e lei lavora a Mediaset. Un fratello e una sorella, da bambino Ogert aveva nascosto a lungo ai suoi di preferire la palla ovale a quella a spicchi. «Quando gliel’ho detto gli è venuto un infarto, pensavano giocassi a basket – racconta –, invece alla fine sono stati contenti».

Ma mai quanto lui, che dalle giovanili del Milano dal 1991 in poi ha salito tutta la scala dalle giovanili alla prima squadra, arrivando fino al campionato Top Ten con la maglia del Calvisano, dov’è stato per quattro anni «e da dove sono andato via per scegliere Alghero, nonostante tutti me lo sconsigliassero – prosegue –, a partire dai tecnici della Nazionale. Vai a giocare in una categoria inferiore, mi dicevano, meno competitiva... E’ stata un po’ la mia sfortuna, ma insieme la mia fortuna: avrò perso l’azzurro, ma ci ho guadagnato Alghero». E Alghero ci ha guadagnato lui.

Terza e seconda linea in campo, cervello fino all’esterno, tanto che oggi dà una mano alla nazionale albanese (con la quale vanta una presenza) nel ruolo di direttore sportivo. «Giochiamo un torneo con Grecia, Montenegro e Serbia – spiega –, e anche grazie allo sport cerchiamo di superare i problemi legati alla politica. Scriverò anche questo, nel libro sulla mia storia». Ci sta lavorando con la moglie Doriana, conosciuta e sposata ad Alghero. Dopo le nozze in chiesa tutti al campo di Maria Pia per un nuovo matrimonio in mezzo al campo, con le bomboniere calciate fra i pali. Un terzo tempo specialissimo. Poi sono arrivati Elettra e Ruben, che oggi hanno 11 e 4 anni. La bimba gioca a basket nella Coral. Sono algheresi doc. «Diciamo pure catalani doc – sorride “Paco”, come viene chiamato da tutti –. La mia è stata una scelta di vita della quale non mi sono mai pentito. Una scelta immediata, maturata quella notte d’estate che sono atterrato per la prima volta ad Alghero. Tutte quelle luci, il mare... è stato amore a primo impatto». Un amore cominciato 16 anni fa che continua oltre il rugby, con il rugby.

Fuori dal campo Ogert nel 2008 ha messo su un’impresa che funziona, autonoleggio con conducente. «Alghero mi ha dato tanto – sostiene –, una famiglia, un’altra sul campo e un lavoro. Io ci ho messo esperienza ed entusiasmo. Di albanese? In me ce n’è ben poco. Il sangue, certo, ma ero bambino quando sono arrivato in Italia. Un po’ come Meo Sacchetti. Il coach è un amico del rugby, ha casa qui, quando allenava Sassari veniva spesso al campo, è amico di Bollesan, ama il nostro sport e lo capisce. E ama anche Alghero, come me».

A 39 anni Paco ha il sorriso pulito e onesto del rugby, quello di uno sport che piace ai grandi come ai bambini. Continuerà a giocare, fino a quando? «Intanto, oltre a giocare con l’Alghero mi do da fare con la nazionale over degli Italian Classic. A Bermuda non è andata male. Il prossimo appuntamento è a Montecarlo e pagherà tutto il principe, grande appassionato del nostro sport. Ma sto cercando di organizzare un appuntamento qui ad Alghero. Sarebbe un bel colpo».

E quando smetterà di giocare... «un ruolo da dirigente? Non so, ho altri programmi. Ma se la società lo vorrà io ci sto, sarò ben felice di mettermi a disposizione, abbiamo tanti bambini da seguire e potrei anche portare l’acqua ai giocatori. Il nostro è uno sport umile, tutti facciamo tutto. Poi, la mia garanzia scade a 42 anni – conclude ridendo –, perché siamo dilettanti e quello è il termine massimo previsto. Oltre, non si può». Ma c’è ancora tempo davanti, per Paco. Ed è tempo algherese, quello migliore.

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