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L’ultimo colpo di tacco dell’Highlander del pallone

di Andrea Sini
L’ultimo colpo di tacco dell’Highlander del pallone

Tore Sanna si è spento a 79 anni: la sua carriera è durata più di sei decenni Sino a pochi mesi fa è sceso in campo indossando la maglia dell’Estudiantes

21 luglio 2018
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SASSARI. Se fosse nato in Sudamerica, probabilmente oggi farebbe compagnia a personaggi come “El gato” Diaz o El mister Peregrino Fernandez in qualche racconto dello scrittore Osvaldo Soriano. Invece era nato a Sassari e di sudamericano aveva soprattutto il carattere, accompagnato a quella voglia irrefrenabile di fare festa con gli amici. Anche il tocco di palla però non scherzava. Tore Sanna, “il numero 10 di Sassari”, se n’è andato ieri dopo alcuni mesi di ricovero in ospedale. Il triplice fischio sulla sua vita da eterno giovane è arrivato sulla soglia degli 80 anni, quasi tutti trascorsi in campo a stretto contatto con la sfera di cuoio.

Non ha mai organizzato la partita d’addio al calcio solo perché l’addio vero non c’è mai stato: sino all’anno scorso è sceso regolarmente in campo, fascia di capitano stretta al braccio, capello leggermente lungo da calciatore d’altri tempi, camminata inconfondibile e la dote impagabile di non prendersi mai troppo sul serio. A chi gli faceva notare che con lui, classe 1938, l’età media della squadra si alzava parecchio, rispondeva tra il serio e il faceto che era soprattutto il livello tecnico a sollevarsi. Per lui si erano scomodati gli inviati di Sky e di Striscia la notizia, arrivati a Sassari apposta per raccontare la storia dell’Highlander del pallone. «Sono sicuramente il più anziano calciatore d’Italia – raccontava con orgoglio –, forse d’Europa».

Mille gol. Sul numero di gol segnati in oltre 60 anni di calcio giocato, forse a volte la sparava grossa («penso più di mille, visto il numero di stagioni trascorse in campo»), di certo la sua è stata una carriera di primo piano, almeno a livello dilettantistico. Dagli inizi con la Josto, storico sodalizio del centro storico, ai tanti anni trascorsi in giro per l’isola indossando anche maglie di un certo blasone: Nuorese, Alghero, Ilva, Tavolara. Per un periodo ha fatto anche l’allenatore, ma il richiamo del campo ha sempre avuto la meglio su tutto. Persino sul lavoro nella sua storica vetreria, prima a Monte Rosello, poi a Caniga.

Un amore sudamericano. La vera svolta però arriva nel 1970. Insieme a un gruppo di amici Tore Sanna dà vita a una nuova società. Il nome scelto è tutto un programma: Estudiantes. Il motivo? L’anno precedente il Milan aveva giocato in Coppa Intercontinentale contro proprio contro la squadra di La Plata, il match era terminato con una delle più grandi risse che la storia del calcio ricordi. «Non c’erano questioni di tifo in ballo – raccontò poi –, semplicemente era una squadra che ci stava simpatica e ci piaceva il nome». Tore Sanna ancora non lo sa, ma proprio con la nascita dell’Estudiantes si verifica il salto spazio-temporale che permette oggi di collocarlo idealmente accanto ai personaggi raccontati da Osvaldo Soriano. Centinaia di calciatori nei decenni a venire avrebbero indossato la maglia biancorossa dell’Estudiantes e calcato l’erbetta (assoluta rarità) del suo campo, nella borgata di San Giovanni. Sempre con una certezza: «Io prendo la 10, per le altre maglie arrangiatevi».

El diez. Quella maglia era sua, su questo non potevano esistere discussioni, come sul fatto che le punizioni dal limite e i rigori dovessero partire dal suo piede destro. «Non ho più lo scatto di una volta – diceva –, ma so ancora mettere la palla all’angolino». Non era un’esagerazione, perché i suoi “golletti” ha continuato a segnarli sino agli anni recenti. Uno dei suoi aneddoti preferiti: «Pochi anni fa da qualche parte in Gallura dagli spalti mi chiamavano “minnannu”. Dopo che ho tolto la ragnatela dall’incrocio, mi sono girato e ho fatto l’inchino».

Uomo-squadra. Presidente, magazziniere, capitano e fantasista, grazie alla sua generosità e a una simpatia trascinante riusciva a farsi perdonare anche i suoi eccessi sul terreno di gioco: come quella volta in cui, durante un match, esonerò l’allenatore che voleva sostituirlo. «Vai pure, noi continuiamo senza di te».

Se “el Gato Diaz” era il protagonista del rigore più lungo del mondo, Tore Sanna di certo è stato il giocatore con la carriera più lunga di tutti i tempi. E tra i sognatori, sbandati, ribelli, fuggitivi e poeti della pelota sudamericani, l’Highlander del calcio sardo di sicuro sarebbe passato a testa alta. E nessuno, di sicuro, sarebbe mai riuscito a sfilargli la maglia numero 10.

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