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«Una Dinamo trasformista e completa in tutti i ruoli»

di Andrea Sini
Il coach della Dinamo Vincenzo Esposito
Il coach della Dinamo Vincenzo Esposito

Il nuovo coach biancoblù Vincenzo Esposito spiega le scelte di mercato. «Quasi tutti i giocatori del roster sono versatili, ci sarà da divertirsi»

14 agosto 2018
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SASSARI. Qualità e varietà per diventare una squadra solida, trasformismo e intercambiabilità delle pedine per mutare pelle a seconda delle necessità. Enzo Esposito conta i giorni che mancano al raduno, ma con il mercato praticamente chiuso da un paio di settimane, ma il nuovo allenatore della Dinamo inizia a scoprire le carte.

Coach Esposito, quanto le somiglia il Banco che ha preso forma durante l’estate?

«Direi abbastanza. Ci sono un paio di giocatori che ho già allenato, e ci sono due giocatori con caratteristiche di gioco prettamente interne, cosa che fa parte del mio stile di basket».

Come vi siete mossi sul mercato?

«Siamo ovviamente partiti dai giocatori già firmati, facendo anche in questo caso alcune scelte, poi ci siamo concentrati sugli italiani, perché per me creare un’ossatura italiana era una priorità. Avevamo già Spissu, Devecchi e Polonara, sono arrivati Gentile e Magro, dovrebbe arrivare Diop. Se vuoi avere un certo tipo di ambizioni devi avere una struttura di giocatori italiani validi. Il che significa avere elementi che possono giocare tanti minuti, oppure pochi minuti ma che siano “pronto uso”».

Avete un roster lungo. Qualcuno giocherà poco.

«Giocheremo tre partite la settimana, tutti avranno il loro spazio, tutti sanno cosa ho in mente. Tutti sono in grado di giocare anche tanti minuti, so bene cosa possono darmi. Poi sta a me muovermi a seconda delle necessità e delle situazioni. Ma schierare Spissu o Devecchi in quintetto, per esempio, non mi spaventa minimamente».

Come giudica la campagna rafforzamenti?

«Sono soddisfatto. La squadra è figlia della disponibilità economica e del mercato, abbiamo un buon budget ma è chiaro che provare a contendere i top player alle migliori squadre italiane è complicato. Milano, Venezia, Avellino e Bologna hanno certamente una forza economica maggiore alla nostra, o magari disputano una coppa più importante. E poi, in generale, tolti quei club, l’Italia è dietro la Spagna, è dietro il top della Germania, della Francia, della Grecia e della Turchia. Non possiamo proprio competere. Ma questo non ci ha impedito di trovare giocatori che avessero la caratteristiche che ricercavamo».

A proposito, ci dice qualcosa dei suoi assistenti, Edoardo Casalone e Giorgio Gerosa?

«Gerosa era già alla Dinamo e quando mi è stato proposto di inserirlo nello staff ho accettato subito. Avevo poi bisogno anche di un tecnico con un po’ di esperienza in più e la società mi ha dato la possibilità di scegliere. Ho puntato su Edoardo Casalone, che ha lavorato due anni con Demis Cavina, con il quale ho un grande rapporto e il quale mi ha dato ottime referenze. Il profilo è simile a quello di Gerry: sono entrambi giovani, moderni, grandi lavoratori, solo che Edoardo ha più esperienza. Abbiamo fatto varie riunioni, c’è già sintonia».

Parliamo della squadra. Partiamo dai “piccoli”. Tanto talento e non molta difesa?

«Non direi. Intanto tutti possono ricoprire due ruoli. Smith è principalmente un play ma ha qualcosa in più a livello fisico e di taglia rispetto a Spissu e Bamforth, dei quali conoscete già le qualità. Certo, non è un play di due metri, ma quelli li trovi solo in Eurolega. Gentile per caratteristiche fisiche e tecniche, può andare dall’uno al tre, a seconda delle necessità, sia in attacco che in difesa».

Ha portato a Sassari Petteway, che aveva già avuto a Pistoia. Una scommessa o una certezza?

«Terran è un’ala piccola di 2 metri, a Pistoia mi è capitato di utilizzarlo come quattro tattico, ma può giocare anche come guardia. Questo apre tante possibilità. Mi intriga, per esempio, l’idea di vedere per qualche minuto un quintetto con Gentile ala piccola e Petteway ala forte. Ha grandi potenzialità a livello offensivo, è un buonissimo atleta, ed è al terzo anno in Europa».

Utilizzerà Pierre come ala piccola o come “quattro”?

«Il canadese è un giocatore molto duttile, perimetrale, ma per attitudine e fisico può difendere in tutti e cinque i ruoli. Lo utilizzerò sia da “tre” che da “quattro”, a seconda delle situazioni e della pallacanestro che ci serve in un determinato momento. Anche qui ci sono idee che mi intrigano: pensate a un due metri come Petteway schierato come guardia e Pierre come ala piccola: roba da Eurolega. Sono solo idee, ci lavoreremo».

Parliamo dei lunghi.

«Abbiamo tenuto Polonara, poi ho preso Magro, un italiano di taglia, di grande esperienza ma non vecchio. È in grado di giocare pochi o tanti minuti, è un ragazzo che sa di cosa ha bisogno la squadra, è abituato a uscire dalla panchina per dare subito quello che serve. Come ho già detto, mi piace avere almeno due giocatori che abbiano una dimensione prettamente interna, e Cooley, a livello offensivo e di presenza, in area è dominante».

Cooley, 2,05 per 120 kg, è quasi un centro d’altri tempi.

«Come tipologia di giocatore può anche non piacere, non è un Lawal, che vola, salta e schiaccia. È altro tipo di giocatore, tecnicamente è molto valido, sa fare canestro o giocare con gli altri. E poi, ripeto, in area domina. Chiaramente gli abbinamenti sul parquet vanno fatti sulla base delle caratteristiche. E da questo punto di vista Rashawn Thomas è una perfetta alternativa: è un ottimo atleta, ha una mano non mortifera ma comunque buona e secondo me si può abbinare bene con Polonara».

Dopo la teoria, dalla prossima settimana si passerà alla pratica.

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