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«La nuova Dinamo nasce sull’asse Smith-Cooley»

di Mario Carta
Federico Pasquini
Federico Pasquini

Il (positivo) bilancio del mercato del gm Federico Pasquini a pochi giorni dal ritiro: «Il primo acquisto è stato Esposito, ho cercato di costruire un team che fa per lui»

20 agosto 2018
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SASSARI. L’uomo della Dinamo ha detto stop. È tempo di raccogliere per ripartire. A cominciare proprio da lui, Federico Pasquini, che dopo l’anno e mezzo di esperienza da numero uno sulla panchina è tornato a tempo pieno numero primo dietro la scrivania, restando insieme però sempre a bordo campo e a totale contatto con la squadra.

Le sue ultime parole pubbliche quelle del 9 maggio al termine di Banco di Sardegna-Pesaro 112-81, saluto a un campionato che ha visto i sassaresi per la prima volta fuori dai playoff. È passata un’estate e per Federico Pasquini è stata un’altra estate di intenso lavoro, 100 per 100 testa e cuore alla Dinamo. La squadra per la nona avventura consecutiva nella serie A di basket è fatta.

Con la firma di Diop il roster è al completo. Qual è il bilancio del mercato?

«È un bilancio positivo. L’obiettivo era riuscire a confermare diversi elementi della scorsa stagione e in particolare andare a puntellare la squadra nell’asse play-pivot. Volevamo pertanto partire dal play e abbiamo preso Smith, che nel suo ruolo l’anno scorso è stato il migliore del campionato nel girone di ritorno. È un giocatore garantito. Come Cooley. Cercavamo un pivot d’area, un elemento di qualità per dare profondità all'attacco e lo abbiamo aspettato a lungo. Era il nostro primo obiettivo. Gli altri sono quasi tutti giovani che possono fare molto bene. Anche per Thomas abbiamo dovuto aspettare un po’, cercava una chance Nba e ha fatto una bella Summer League. Poi è arrivato Petteway, che ha giocato degli ottimi playoff in un torneo tosto come quello greco, e in generale abbiamo un gruppo di italiani garantiti, da Gentile a Magro. Ma la chiave era l’asse play-pivot».

Quella di Cooley è un po’ una scelta alla Fesenko, visto il tipo di giocatore. Per Sassari, una novità solo abbozzata la scorsa stagione con Planinic.

«Esposito lo ha messo subito in chiaro che voleva un giocatore così. Gli piace ed è funzionale al suo gioco. Lo abbiamo corteggiato a lungo, anche lui inseguiva l’Nba, alla Summer League ha fatto bene ma alla fine ha preferito noi a un altro accordo non garantito».

Il primo acquisto per la nuova stagione è stato l’allenatore.

«Sì, siamo partiti da lì. Devi partire da lì, quando ti trovi ad affrontare una rivoluzione tecnica. È fondamentale. E con lui siamo partiti dal condividere le scelte sui giocatori da confermare per costruire così via via gli incastri più produttivi».

Com’è il suo rapporto con Vincenzo Esposito?

«C’è grande sintonia, ci conoscevamo da prima e come ho sempre fatto in passato se devo collaborare cerco di fare in modo di ragionare seguendo gli obiettivi della guida tecnica, puntando ai giocatori più vicini al suo credo cestistico. Alcuni li ha già allenati, per il resto ho cercato di mettergli intorno le figure più idonee».

Adesso, con un amministratore delegato al vertice, lei può dedicarsi al ruolo di general manager al cento per cento.

«Con Renato Nicolai siamo amici da sempre, abbiamo lavorato insieme per due stagioni a Bologna e siamo sempre rimasti in contatto. Ed è vero, in questa situazione ciascuno si può soffermare sull’ambito di competenza. Nelle due ultime stagioni ho anche allenato e la situazione sul campo per me era primaria. Ora con un coach e un ad di questo livello posso buttarmi a capofitto nello scouting».

Un nuovo progetto di scouting era il suo obiettivo, dichiarato al termine dello scorso campionato. Come procede?

«Da quando ho lasciato la panchina non ho fatto altro. È stata un’estate di lavoro tosto, ho visto un sacco di giocatori, abbiamo saputo aspettare Thomas e Cooley, abbiamo approntato piani B e piani C e piani D... Tanti piani, per essere pronti nel caso qualcuno ci dicesse di no, e questo lavoro di preparazione ci ha aiutati».

Anche per la vostra discendente, la Academy Cagliari in A2.

«Fa parte del mio mestiere, mi diverto, ho un ottimo rapporto con coach Paolini e mi piace il progetto. Johnson viene dal college ed è interessante, mi piace l’idea di Allegretti uomo guida con Rullo e Miles è un giocatore di altissimo profilo, oltre che un uomo di alto livello».

Avete costruito la Dinamo con un occhio all’Europa?

«Sì ma è un discorso abbastanza relativo, perché quando costruisci la squadra non sai se finirai in un girone più fisico o più tecnico, e in questi anni lo abbiamo sperimentato. Abbiamo cercato di costruire una squadra che possa fare più strada possibile in tutte le competizioni, puntando su giocatori di esperienza e mentalmente strutturati per resettarsi ogni tre giorni, ripartendo sempre dalla fame di vittoria».

Chi potrà essere la sorpresa della nuova Dinamo?

«È un discorso di squadra, credo poco nell’exploit del singolo. Ciascuno rende al meglio quando tutta la squadra va al meglio. Pierre l’anno scorso era... illegale quando ne abbiamo vinte sette di fila, poi quando la squadra è implosa lui è calato. E il suo esempio vale non solo per 200 giocatori ma per 200 squadre».

Che coach è Esposito?

«Fuori dal campo a livello di mercato ha una grande passione, è un gran lavoratore ed è sempre sul pezzo.

Ai giocatori trasmette il suo entusiasmo e la sua passione e ha una grande sapienza tecnica. Sono sicuro che porterà tutte queste doti sul campo e ci farà divertire, come ha già fatto a Pistoia».

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