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Padoin: «Cagliari ti amo restare qui è il mio sogno»

Roberto Muretto
Simone Padoin
Simone Padoin

Il leader silenzioso, apre il suo cuore: «La mia famiglia si è innamorata dell’isola»

10 settembre 2018
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CAGLIARI. Sono stati sufficienti poco più di due anni a Simone Padoin e la sua famiglia per innamorarsi della Sardegna. Friulano, tempra da gladiatore, il centrocampista del Cagliari, in scadenza di contratto, spera di proseguire la sua avventura in rossoblù. In attesa della chiamata del club, apre il suo cuore e in questa intervista mette a nudo aspetti del suo carattere che finora non erano emersi completamente.

Tre concetti fondamentali del suo calcio.

«Entusiasmo, determinazione e passione. Il mio motto è da sempre questo: non mollare mai, soprattutto nelle situazioni più difficili» .

Si definisca in tre parole.

«Rispettoso, leale, programmatore. Mi faccia aggiungere un altro aggettivo, sono soprattutto una persona onesta».

Ha mai rinunciato a delle opportunità per non venire meno ai suoi principi?

«No. Quello che faccio è la conseguenza di riflessioni. Ogni mia decisione è condivisa con mia moglie.

L'errore più grande che ha fatto?

«Non rimpiango niente. Ho commesso sicuramente degli errori ma mi sono serviti per crescere. Diciamo che avrei potuto fare meglio alcune cose, ma va bene così».

Competitivi si nasce o si diventa col tempo?

«Si nasce. Il fuoco dentro ce l'hai dalla nascita, non lo puoi acquisire. E' un aspetto che puoi migliorare col tempo e con l’esperienza ma il carattere non si cambia strada facendo».

Lei è competitivo anche fuori dal campo?

«Sì. Mi piace fare al meglio qualsiasi cosa. La competizione è con me stesso, d'altronde la vita è fatta di sfide, io ne voglio vincere il più possibile. O almeno ci provo».

L'idea che prima o poi smetterà che sensazioni le trasmette?

«Ci penso ogni tanto. Sono un programmatore, non mi piace fare salti nel buio. Ho 34 anni, spero di giocare ancora per un po’, nel frattempo mi godo la vita che faccio e apprezzo sempre di più il mio lavoro. Fare il calciatore è una grande fortuna».

A proposito di fortuna, ha un oggetto che porta la dea bendata dalla sua parte?

«Un anello e un braccialetto che mi ha regalato mia moglie. Un orologio dono di mio padre. Li porto sempre con me e prima della partita li bacio».

Tra i colleghi calciatori chi inviterebbe a cena?

«Daniele Capelli. E' stato con me all'Atalanta, ora gioca a Padova. Con lui ho condiviso tante cose a Bergamo. E' una bellissima persona, un amico vero, sincero».

C'è qualcosa che rimpiange di non aver detto a qualcuno un particolare?

«No, se ho delle cose da dire non me le tengo dentro. Lo faccio in privato ma vuoto sempre il sacco».

Un allenatore a cui deve dire grazie?

«Risposta scontata: Antonio Conte. Mi ha portato alla Juventus, insegnato tante cose, trasmesso idee che mihanno fatto cambiare il modo di vedere il calcio. Ho imparato a leggere le partite, cosa che prima consideravo un semplice dettaglio. Sbagliavo».

Un suo pregio e un difetto.

Sorrido sempre, anche quando sono alterato. Il mio limite più grande è la pazienza, la perdo facilmente».

Dica la verità: si sente un leader o un gregario?

«Dipende dalle situazioni in cui mi trovo. Come atteggiamento mi ritengo un leader e questo succedeva anche alla Juventus anche se non ero tra i migliori. In altre occasioni so che c'è da pedalare e non mi tiro indietro».

Parla tanto o ascolta nello spogliatoio?

«Rido e scherzo con tutti, mai prima della partita. Preferisco concentrarmi, e dare l'esempio, soprattutto ai compagni più giovani».

Il Cagliari che posto ha nel suo cuore?

«Importante. E' la società che mi ha voluto, mi ha dato fiducia quando ho deciso di lasciare la Juventus. Questo è il terzo anno qui, io e la mia famiglia ci troviamo benissimo. L'affetto dei tifosi è una cosa speciale».

Rinnoverà il contratto?

«Non ne abbiamo parlato con la società, non posso negare che mi farebbe piacere se mi proponessero di farlo. Capisco che giugno prossimo avrò 35 anni, giusto che la società rifletta e valuti».

Quanto punterebbe sul Cagliari tra le prime dieci?

«E' troppo sottile il filo che divide il decimo posto dalla lotta per la salvezza. Posso dire che siamo una buona squadra e ho tanta fiducia».

Domenica si riparte col Milan. Ci sono i presupposti per un exploit?

«Loro sono forti, hanno preso Higuain, giocatore che fa la differenza. Non mi piace fare pronostici, dico solo che per la squadra di Gattuso non sarà facile. Noi abbiamo entusiasmo e stiamo bene».

Chiudiamo così: due parole per definire il presidente Tommaso Giulini e il tecnico Rolando Maran.

«Ambizioso il primo e l'ho capito sin dal primo giorno che ci siamo incontrati. Ha idee interessanti e il progetto del club prevede una crescita graduale. Pignolo il secondo, cura ogni dettaglio. Le dico solo che quando spiega le cose nello spogliatoio ci chiede sempre se abbiamo capito e dice: altrimenti non ho problemi a ripetere tutto. Bello lavorare con un allenatore che ha sempre tutto sotto controllo».

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