Mezzo secolo di pallonate per la Torres di Germania
di Andrea Sini
Ad Augusta, in Baviera, esiste da quasi cinquant’anni una società “clone” Fondata da un emigrato di Castelsardo, è un punto di riferimento per gli italiani
12 novembre 2018
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SASSARI. Un nuraghe nello stemma societario, il nome Torres sulle maglie rossoblù, un percorso alle spalle che varca i confini nazionali e volge verso il mezzo secolo di vita. La Sardegna, in questa storia, è però soltanto sullo sfondo, perché l’Ac Torres Augsburg è un club tedesco, uno dei più longevi di Augusta. Dal 1969 a oggi, centinaia di ragazzini hanno indossato quella maglia sui campi di tutta la Baviera e di mezza Germania, rappresentando una società che è un punto di riferimento storico per gli emigrati italiani della zona.
Emigranti col pallone. Riavvolgendo i fili si torna indietro al 1964. Paolo Falloni parte da Castelsardo, un po’ alla ricerca di un lavoro, un po’ all’avventura. «Sarei dovuto rimanere in Germania per due settimane – racconta –, non me ne sono più andato». Ad Augusta, la città più antica della Germania, Falloni trova nel giro di pochi giorni tre cose fondamentali: un lavoro, un posto da titolare in una squadra di calcio e l’amore della sua vita. In campo se la cava, gioca e si diverte, ma non è quella la sua strada.
Il campo dei sogni. La fabbrica nella quale lavora a fine anni Sessanta viene chiusa. Lui nel frattempo è salito di grado e gli tocca una discreta liquidazione. «Non voglio neanche un marco – dice ai responsabili –. Datemi quel terreno pianeggiante che c’è qua dietro e siamo a posto». Affare fatto: Paolo Falloni, che nel frattempo ha trovato un altro impiego, investe qualche soldo per farlo spianare a dovere, si rimbocca le maniche costruisce con le sue mani i primi spogliatoi. In poco tempo il campo è pronto, mancano soltanto i giocatori.
La Torres di Germania. Al nuovo campo non c’è la fila, ma quasi. «Trovare i ragazzi non è stato complicato – racconta Falloni –. Ne arrivavano a fiotti. Ho fondato una nuova società e l’ho chiamata come la squadra per la quale facevo e faccio il tifo. Ac Torres Augsburg, suona proprio bene, non è vero? Ho comprato le prime maglie, sono arrivate le prime soddisfazioni, abbiamo vinto tanti tornei giovanili. Sono passati cinquant’anni e quasi non me ne sono accorto».
Il club dei sardi. Le porte del sodalizio italo-tedesco sono aperte a tutti, ma la Torres di Augusta diventa una calamita naturale per i figli dei tantissimi emigrati italiani che popolano la Baviera. «Ci sono stati tanti sardi, certo, ma soprattutto ragazzi originari del sud Italia o provenienti da altre nazioni. Abbiamo ottenuto ottimi risultati, in particolare negli anni Ottanta avevamo tante squadre giovanili e tanti ottimi giocatori. Qualcuno è finito nella serie B e C tedesca». Con una puntualizzazione non da poco: «Per la prima squadra abbiamo sempre voluto mantenere una forte connotazione dilettantistica. Chi aveva richieste in squadre più importanti, è sempre stato lasciato libero. Non ne abbiamo mai fatto una questione di soldi». Anche se i soldi sono sempre stati pochi, anche se qualche volta ci si è dovuti accontentare di divise gialloblù.
Mezzo secolo dopo. Sulla soglia dei cinquant’anni la Torres Augsburg ha “ceduto” la prima squadra a un’altra società di emigrati, la Türk Spor ma ha sempre il suo campo e continua la sua attività nel settore giovanile. Falloni è anziano ma la passione è sempre la stessa. «Portiamo un nome importante – sorride – e restiamo in piedi. Proprio come un nuraghe».
Emigranti col pallone. Riavvolgendo i fili si torna indietro al 1964. Paolo Falloni parte da Castelsardo, un po’ alla ricerca di un lavoro, un po’ all’avventura. «Sarei dovuto rimanere in Germania per due settimane – racconta –, non me ne sono più andato». Ad Augusta, la città più antica della Germania, Falloni trova nel giro di pochi giorni tre cose fondamentali: un lavoro, un posto da titolare in una squadra di calcio e l’amore della sua vita. In campo se la cava, gioca e si diverte, ma non è quella la sua strada.
Il campo dei sogni. La fabbrica nella quale lavora a fine anni Sessanta viene chiusa. Lui nel frattempo è salito di grado e gli tocca una discreta liquidazione. «Non voglio neanche un marco – dice ai responsabili –. Datemi quel terreno pianeggiante che c’è qua dietro e siamo a posto». Affare fatto: Paolo Falloni, che nel frattempo ha trovato un altro impiego, investe qualche soldo per farlo spianare a dovere, si rimbocca le maniche costruisce con le sue mani i primi spogliatoi. In poco tempo il campo è pronto, mancano soltanto i giocatori.
La Torres di Germania. Al nuovo campo non c’è la fila, ma quasi. «Trovare i ragazzi non è stato complicato – racconta Falloni –. Ne arrivavano a fiotti. Ho fondato una nuova società e l’ho chiamata come la squadra per la quale facevo e faccio il tifo. Ac Torres Augsburg, suona proprio bene, non è vero? Ho comprato le prime maglie, sono arrivate le prime soddisfazioni, abbiamo vinto tanti tornei giovanili. Sono passati cinquant’anni e quasi non me ne sono accorto».
Il club dei sardi. Le porte del sodalizio italo-tedesco sono aperte a tutti, ma la Torres di Augusta diventa una calamita naturale per i figli dei tantissimi emigrati italiani che popolano la Baviera. «Ci sono stati tanti sardi, certo, ma soprattutto ragazzi originari del sud Italia o provenienti da altre nazioni. Abbiamo ottenuto ottimi risultati, in particolare negli anni Ottanta avevamo tante squadre giovanili e tanti ottimi giocatori. Qualcuno è finito nella serie B e C tedesca». Con una puntualizzazione non da poco: «Per la prima squadra abbiamo sempre voluto mantenere una forte connotazione dilettantistica. Chi aveva richieste in squadre più importanti, è sempre stato lasciato libero. Non ne abbiamo mai fatto una questione di soldi». Anche se i soldi sono sempre stati pochi, anche se qualche volta ci si è dovuti accontentare di divise gialloblù.
Mezzo secolo dopo. Sulla soglia dei cinquant’anni la Torres Augsburg ha “ceduto” la prima squadra a un’altra società di emigrati, la Türk Spor ma ha sempre il suo campo e continua la sua attività nel settore giovanile. Falloni è anziano ma la passione è sempre la stessa. «Portiamo un nome importante – sorride – e restiamo in piedi. Proprio come un nuraghe».