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Malagò contesta la riforma del Coni

Malagò contesta la riforma del Coni

Inedita polemica col Governo: «Perfino il fascismo rispettò la nostra autonomia»

16 novembre 2018
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ROMA. «Non è una riforma, ma un'occupazione». L'attacco ad alzo zero di Giovanni Malagò apre lo scontro col governo sulla riforma del Coni, messa in cantiere dal governo Lega-Cinquestelle. «Il fascismo aveva rispettato la nostra autonomia...», il duro affondo del n.1 dello sport italiano. Ma a chiarire che dal governo non ci sono arretramenti è la replica di Giancarlo Giorgetti e Simone Valente, una nota congiunta che consolida l'asse delle due forze di governo sulla via dello scorporo di Coni Servizi e dei suoi fondi - col nome Sport e Salute - dal Coni olimpico: «Molti sono con noi, andiamo avanti con serenità. La riforma è nel contratto di governo».

«Il contratto dice il contrario - replica Malagò -: di fare ulteriori controlli, avere una condivisione sia sui criteri sia sulle scelte dell'individuazione delle persone». Finora, con Palazzo Chigi, Malagò aveva preferito «dialogare» evitando gli attacchi frontali in pieno stile politico. Al termine di una settimana fitta di incontri, la convinzione maturata al Coni deve essere che merito e tempi della riforma sono già decisi a monte. Così dopo la riunione informale dell’altro, dalla quale aveva ricevuto mandato a trattare, l'occasione per aprire la fase dello scontro è il consiglio nazionale, con un discorso di circa un'ora. Assenti, però, le grandi federazioni: Gravina per il calcio, Barelli per il nuoto, Binaghi per il tennis, Petrucci per il basket.

«Non è il momento del muro contro muro, per difendere l'autonomia dello sport è inutile arroccarsi», dice Barelli, dando voce a quella parte di presidenti che non sono per le barricate contro la riforma. «Lo stesso fascismo aveva rispettato quella che era stata la storia del Coni dall'epoca della sua fondazione», ha tuonato Malagò al Consiglio, sottolineando che con la riforma il Coni «si ridurrebbe a una bellissima agenzia di viaggi che ogni due anni organizza le Olimpiadi». Il n.1 dello sport italiano si è detto sorpreso della legge inserita nella bozza di manovra perché «col governo fin dal primo giorno ho dei rapporti a dir poco quotidiani». Ma la scelta dell’esecutivo «è fortissimamente calata dall'alto» e farebbe diventare il Coni «l'ultimo comitato olimpico del mondo».

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