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Sullo sfondo Dettori il volto discreto della super Dinamo

di Mario Carta
Sullo sfondo Dettori il volto discreto della super Dinamo

Il vicepresidente: «Conosco Sardara da più di 30 anni Sempre tesi a migliorare. Il giocatore nel cuore? Thornton»

03 ottobre 2019
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SASSARI. Anche domenica sera a Trento, dove l’imbattuta Dinamo giocherà la terza partita di campionato, sarà al suo posto. In panchina ma anche no, anzi un po’ dietro eppure a portata di orecchie e voce. Quando serve in campo ma nello stesso tempo quasi fuori, il primo a entrare per festeggiare ma anche l’ultimo ad andarsene, naturalmente quando tutto è sistemato.

Gianmario Dettori, 50 anni, sposato, una figlia di 8, è il vicepresidente e da sempre il dirigente più silenzioso della Dinamo.

«No, silenzioso... Discreto sì, invece. Discreto perché lascio le luci della ribalta a chi lo merita più di me. Non che io non lavori, ma la mia parte non necessita obbligatoriamente di una particolare visibilità, anche se partecipo a tutte le scelte e svolgo come tutti un ruolo attivo».

Con quali competenze? Cosa fa un vicepresidente di una squadra di basket?

«Faccio le veci del presidente, ma capita raramente di sostituire uno onnipresente come Stefano Sardara per cui sotto questo aspetto il mio compito è facile. Mi occupo però degli aspetti legali, e ce ne sono tanti. Poi dei rapporti con la federazione, dei regolamenti, di tutto ciò che riguarda il mio campo di azione professionale».

Come avvocato.

«Come avvocato civilista, civilista puro».

E poi?

«Poi, seguo attivamente come referente il progetto Dinamo per il basket in carrozzina. Ora siamo in serie A, e per noi ha un’ importanza strategica».

Seduto dietro Stefano Sardara in panchina gli parla spesso, ma sempre con la mano davanti alla bocca. Cosa vi dite?

«A volte cose che i bambini non possono sentire... ma no, sono commenti sulle azioni, osservazioni su cosa accade in campo. Dico la mia cercando di rendermi utile alla causa. Diciamo che il nostro ruolo in panchina è utile per dare equilibrio, siamo lì a rappresentare società ma con un ruolo».

Un legame speciale, fra lei e il presidente.

«Ci conosciamo da ormai non ricordo più quanto tempo, 30 anni e più. Abbiamo vissuto insieme adolescenza gioventù e maturità, in simbiosi anche per motivi di studio. Siamo amici fraterni da sempre. A scuola insieme all'Itc La Marmora poi a Giurisprudenza abbiamo proceduto in parallelo, anche le nostre mogli vanno molto d’accordo tra loro».

E siete inseparabili anche in trasferta.

«Ci provo, sì. Magari sono costretto a saltarne qualcuna di coppa ma in campionato non manco mai».

Si perderebbe qualche occasione per festeggiare.

«Sì, ma al contrario di quel che può apparire siamo persone molto pacate. Dopo la Supercoppa in hotel a cena insieme dirigenti staff e ragazzi. Poi la squadra in giro e il nostro festeggiamento è stato il poter condividere un altro momento straordinario».

In questi anni le occasioni per esultare non sono mancate, alla Dinamo.

«Grazie al cielo no, ogni qual volta capita l’occasione siamo sul pezzo. Che si vinca o si perda – e di perdere ci è capitato –, l’importante per la società è essere lì a giocarsela. Più delle vittorie contano le opportunità che si creano».

Quando è cominciata l’avventura l’avrebbe detto? Sei trofei in bacheca...

«La verità è che siamo partiti per far sopravvivere il basket sassarese a un certo livello, in A2 o in A, come patrimonio di tutti i sardi. La nostra mission era questa. Poi il progetto grazie anche alla lungimiranzae all’intelligenza di Stefano si è rivelato validissimo ed è cresciuto, l’abbiamo implementato e ha dato frutti importanti anche sul campo».

Quale giocatore le è rimasto nel cuore fra i tanti?

«Sicuramente Thornton, campione dentro e fuori dal campo e poi chiaramente i giocatori delle squadre che hanno vinto, da Travis a Brian. Ma un ricordo particolare me lo ha lasciato Sani Becirovic. Averlo a Sassari è stato motivo di orgoglio. Che bella squadra quella con lui in campo. Bella ma sfortunata».

E quest'anno?

«Il gruppo sembra buono, abbiamo vinto la Supercoppa, speriamo di andare avanti così. Non ci possiamo lamentare».

Qual è il prossimo gradino che deve salire ora la Dinamo?

«Il solito: migliorare ancora il progetto e arrivare al top. Da un punto di vista ci siamo già, ma vogliamo e possiamo crescere ancora sotto il profilo societario e organizzativo, sempre attenti a ciò che si può implementare, sempre in evoluzione e aperti ai cambiamenti positivi».

Grazie anche a Gianmario Dettori.

«Che fa umilmente il suo lavoro».

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