La Nuova Sardegna

«Qui la musica rompe gli schemi»

di Nicola Corda
«Qui la musica rompe gli schemi»

Paolo Fresu racconta l’evoluzione di un festival che non ha eguali al mondo

14 agosto 2016
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BERCHIDDA. Una signora di 85 anni incontrata nei dintorni del paese dice «Se nel mondo la metà erano musicisti, non ci sarebbe tutta questa violenza. Lo sa perché? La musica rende sensibili». E Paolo Fresu ride: «Si addice a Berchidda e dietro a questa frase un po’ naif, si nasconde la verità del festival dove ne abbiamo visto di ogni colore. La gente si è fidanzata, i musicisti sono tornati e hanno comprato casa, si mescolano punkabbestia, signori in cravatta, pastori e i turisti della Costa Smeralda. La musica è incontro, condivisione».

Fresu ha iniziato nella banda del paese, che ogni anno sale sul palco del festival: «Senza la banda non ci sarebbe il festival e il mio sogno è cominciato nel 1972 da lì: non sarei diventato un musicista e tutto questo non sarebbe mai nato. Inserirla nel programma è come chiudere un cerchio». Concerti sui traghetti, nelle piazze, tra i boschi, nelle chiese di campagna: è questo che rende diverso il festival di Berchidda: «È vero e spesso sono quelli che i musicisti e il pubblico si ricordano come unici. Gli artisti suonano meglio, non ci sono palchi e sedie, la musica senza steccati. Si rompe quell’idea del concerto nei teatri tradizionali, di cui si ha spesso timore perché bisogna attraversare un varco. Noi portiamo la musica nei luoghi della gente e questo non significa certo snaturarla ma educare il pubblico alla qualità dell’ascolto». Time in jazz è un progetto anomalo. È un po’ come se un calciatore organizzasse nel suo paese un torneo con le squadre più forti del mondo. «Doveva essere un festival diverso, dove gli artisti hanno un peso ma sempre in relazione al tema, un programma scritto come una partitura musicale. Mettendo in cartellone solo i numeri di grido non avrebbe funzionato. Un aneddoto? Ce ne sono tanti, uno è quando i pastori si sono ritrovati a portare le vacche ad ascoltare la musica perché sostenevano che dopo facevano più latte. O quando dopo le prime diffidenze, gli anziani di Berchidda hanno cominciato a portare in campagna il loro vino da offrire ai concerti. Allora ho capito che il progetto si era innestato definitivamente nella comunità».

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