La Nuova Sardegna

Sassari, musica e parole per evadere dal carcere

di Roberto Sanna
Sassari, musica e parole per evadere dal carcere

Gli Istentales, gli studenti delle medie 5 e 12 e la Coldiretti protagonisti nell’istituto penitenziario di Bancali

23 dicembre 2016
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SASSARI. Sentirsi liberi. Di cantare a squarciagola “Vagabondo”. Di vedersi dedicare uno scritto dai ragazzi delle scuole medie. E anche di gustare un pranzo preparato apposta per loro da chi ogni giorno lavora per essere un’eccellenza di Sardegna. È durato lo spazio di un mattino, ma sicuramente per i cento detenuti e detenute del carcere di Bancali che ieri hanno partecipato all’iniziativa “Natale oltre, la Terra non dimentica” organizzata dalla Coldiretti sarà un Natale un po’ più leggero. Musica degli Istentales, parole degli studenti delle medie 5 e 12 di Sassari, buffet offerto dalla Coldiretti e il grande salone del carcere sassarese è diventato un luogo di incontro e festa.

Gli Istentales non sono stati invitati a caso e hanno tenuto fede alle aspettative. Un po’ perché «qualche anno fa li avevo già visti esibirsi a San Sebastiano e sono stati bravissimi, così ho deciso di invitarli qui a Bancali» ha detto la direttrice dell’istituto di pena Patriza Incollu, un po’ perché sono dei veri e propri specialisti di queste occasioni particolari visto che hanno suonato anche in altri carceri (anche della penisola: Milano, Volterra, Padova e Spoleto) e intrattengono una regolare corrispondenza con numerosi detenuti. Sono stati accolti come una “cult band” e il loro concerto è stato il filo conduttore di uno spettacolo che ha visto il cappellano don Gaetano Galia introdurre i diversi interventi. Musica e parole, a volte commosse come quelle di Antonello Salis, titolare dell’azienda “La genuina” di Ploaghe che non è riuscito a trattenere le lacrime al microfono quando ha offerto i salumi (anche di pecora, per i detenuti di religione musulmana) del pranzo. Un buffet che verrà... prolungato, perché la Coldiretti ha portato cibo anche per l’appuntamento col pranzo con le famiglie. «Dovete sentirvi liberi, perché è libero chi, anche in carcere, riesce a mantenere una sua dignità e noi siamo qui per aiutarvi in questo» ha detto don Gaetano Galia. «Facciamo un po’ di musica d’evasione» ha scherzato Gigi Sanna, cantante degli Istentales, riprendendo poi seriamente «tempo fa ho incontrato a Buoncammino qualcuno che oggi vedo qui e non mi fa piacere, a volte diventa un problema fare uscire la gente dal carcere. Vogliamo regalarvi un po’ di libertà, dimentichiamo dove siamo e liberiamo il pensiero, anche se è difficile in questi giorni non pensare alle famiglie e agli amici che stanno fuori».

“Osposidda” è stata la canzone scelta per aprire l’esibizione e le canzoni venivano inframmezzate dagli interventi. Inizialmente era previsto anche quello in persona degli studenti ma, dopo un’approfondita discussione, è stato deciso di non farli entrare in carcere. A leggere tre temi dedicati ai detenuti sono state così alcune insegnanti, in un silenzio assoluto rotto soltanto dall’applauso dei destinatari, alcuni con gli occhi umidi quando hanno sentito scandire che «conta soltanto la libertà, quella vera, che sta nel pensiero».

E poi tanta musica, in un crescendo che ha visto gli Istentales sciorinare i brani più famosi del loro repertorio integrata da “Si deus cheret (E sos carabineris lu permittini)” di Piero Marras alla quale è seguita la loro versione in musica della celebre poesia di Peppino Mereu “Deo no isco, sos carabineris”, in passato interpretata anche dal Coro di Orgosolo e dai Kenze Neke. Gigi Sanna, padrone assoluto della scena, ha avuto il via libera per un quarto d’ora finale a ruota libera e ha rotto argini e protocollo. Ha chiamato vicino a sè una ragazza con la quale ha cominciato a intonare il grande classico dei Nomadi “Vagabondo”. E poi l’ha finita irrompendo tra le poltroncine e invitando i detenuti a cantare insieme a lui, trasformando tutto in un coro a metà tra il karaoke e lo stadio. Spenta la musica, è stato il momento del buffet. Non meno gradito e atto conclusivo di una mattinata all’insegna della normalità. Senza falsi buonismi e con la consapevolezza che talvolta si può evadere anche rimanendo in carcere.

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