La Nuova Sardegna

«Scuola decisiva per una nuova coscienza»

di Grazia Brundu
«Scuola decisiva per una nuova coscienza»

Intervista con Paolo Demartis, del Servizio di consulenza per uomini autori di violenza del Progetto Aurora a Sassari

11 marzo 2017
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SASSARI. «Dalle nuove generazioni arriva un segnale di ottimismo per quanto riguarda il problema della violenza sulle donne e il rispetto nei loro confronti. Certo, però, che la nostra è una società maschilista e per modificare alcune cose, per esempio il potere politico ed economico, ci vorranno secoli, non basta la consapevolezza e l'affannarsi di pochi anni». Così lo psicologo Paolo Demartis, del Servizio di consulenza per uomini autori di violenza e stalking, che nel 2016 ha condotto un’indagine sulla persistenza degli stereotipi di genere intervistando, attraverso un questionario anonimo, 1419 ragazzi e ragazze di alcuni istituti superiori di Sassari, Alghero e Porto Torres.

Prima di analizzare i risultati presentati pochi giorni fa, ci racconta come nasce l’esigenza di questa ricerca?

«Nasce per sensibilizzare i più giovani e conoscere le loro idee sulla violenza di genere, all’interno del Servizio di consulenza per uomini autori di violenza e stalking che fa parte del Progetto Aurora del Comune di Sassari, nato nel 2000 e adesso gestito dal consorzio Andalas de Amistade. Il Progetto Aurora ha un centro di consulenza per le donne vittime di violenza e una casa di accoglienza per quelle che hanno bisogno di protezione, anche insieme ai loro figli».

Il servizio rivolto agli uomini, però, è una realtà recente.

«Sì, è aperto dal 2014 ed è in fase iniziale, come altri in tutta Italia. Finalmente anche da noi si inizia a capire che, oltre ad accogliere le donne vittime di violenza, è importante modificare il comportamento degli uomini. Perché molti di loro non si riconoscono come violenti, tendono a giustificarsi pensando di avere agito per motivi validi. Se un uomo non è consapevole di avere un problema, anche se viene arrestato e allontanato dalla compagna c’è il rischio che si comporti allo stesso modo con altre donne».

A Sassari in quanti si rivolgono a questo servizio e cosa li spinge a venire da voi?

«Attualmente forniamo supporto psicologico a una ventina di uomini e le ragioni sono varie. A volte a monte ci sono decreti emessi dai tribunali, che prescrivono agli autori di violenza di fare un percorso psicologico. Altri uomini si rivolgono a noi perché, messi di fronte a un aut aut dalla loro compagna, vogliono evitare la separazione».

Quindi non si tratta di una scelta del tutto spontanea...

«Certo l’ideale sarebbe avere di fronte persone già molto consapevoli del proprio disagio e decise a modificare il proprio atteggiamento. Però io credo che sia importante lavorare anche con chi non è eccessivamente motivato e aiutarlo a recuperare consapevolezza».

La consapevolezza di sé stessi e dell’altro sesso è anche alla base dell’indagine sulla violenza verso le donne condotta con gli studenti. quali sono i segnali più incoraggianti e quali stereotipi di genere non esistono più?

«Prima di tutto fa ben sperare il fatto che quasi tutti gli intervistati e le intervistate ritengano la violenza un problema sociale, non privato e da nascondere come un tempo. Sta svanendo anche lo stereotipo che l’uomo possa diventare violento per il troppo amore, e quello che ritiene il tradimento maschile giustificabile rispetto a quello femminile. Quasi nessuno pensa che se una donna non lascia un partner violento è perché le sta bene così, e soltanto una piccola minoranza di studenti maschi crede che la violenza sessuale sia provocata dall’abbigliamento femminile. Tutti, poi, sono consapevoli che la maggioranza degli episodi di violenza si consuma tra le mura domestiche e nessuno pensa che se le donne restassero di più a casa sarebbero più protette».

Viene fuori la fotografia di una generazione aliena dalla violenza e dai conflitti di genere. Le cose stanno proprio così?

«Non esattamente. È vero che ci sono segnali incoraggianti ma restano molte criticità. Per esempio, un’alta percentuale di ragazzi e di ragazze crede che le donne usino violenza psicologica più degli uomini e che la violenza maschile sia causata da problemi psichici o dalla dipendenza da alcol e droghe, e che quindi non dipenda dalla volontà individuale. Le cose più interessanti vengono fuori analizzando l’aspetto del potere, perché una percentuale significativa pensa che l’uomo sia più portato per la leadership».

E le ragazze sono d’accordo?

«In parte sì, ed è questa la cosa strana: le ragazze d’accordo con questo stereotipo salgono dal 14 per cento del primo anno al 23 per cento del quinto. Si tratta di una minoranza, ma è comunque significativa. Un altro dato su cui riflettere è che il 18 per cento delle ragazze delle scuole di Sassari pensa che la donna debba stare a casa, mentre a Porto Torres e Alghero sono molto meno. Non riesco a darmi una spiegazione congrua, posso soltanto ipotizzare che le ultime due città siano comunità più aperte, anche per via del turismo, e che quindi lì le donne siano più agguerrite nella ricerca dell’autorealizzazione».

Sul tema del potere è stato chiesto di rispondere anche alle professoresse. Cche cosa è venuto fuori?

«Che il 42 per cento di loro, contro il 23 per cento delle ragazze, dice che gli uomini sono più portati per la leadership. Eppure dovrebbero essere proprio le insegnati a spronare le alunne ad impegnarsi per diventare leader».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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