La Nuova Sardegna

«Con la cultura e la bellezza possiamo ancora salvarci»

di Paolo Curreli
«Con la cultura e la bellezza possiamo ancora salvarci»

Un sindaco archeologo e tanta storia sotto il vulcano spento del Logudoro «Porteremo la nostra mostra sulla civiltà nuragica a Olbia, sulla porta dell’isola»

16 marzo 2017
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INVIATO A ITTIREDDU. Bisogna lasciare la direttrice moderna della 131, da Nord verso Sud, e andare verso Est, lungo il percorso antichissimo che da Porto Torres, attraverso Ozieri e il Monteacuto, arriva fino ad Olbia. Ittireddu è lungo questa strada storica, segnalata dall’antico ponte romano e da un’incredibile densità di vestigia archeologiche. Dal dolmen di Sa Coveccada, dopo Mores, le necropoli di domus de janas, nuraghi e importanti strutture giudicali e medievali, tutto racconta quanto questi verdissimi pascoli del Logudoro fossero al centro di interessi e lavoro durante la lunga storia della Sardegna. Adesso la storia sembra scorrere via col rombo sommesso e lontano della superstrada, ci si lascia alle spalle una modernità non tanto sfolgorante – fatta più che altro di capannoni chiusi –, non per entrare in un altro mondo ma, piuttosto, per ricongiungersi – tra l’odore di erba e asfodelo – con quell’universo agricolo e pastorale che è subito dietro l’angolo generazionale di ogni sardo, anche del più cittadino.

Ittireddu superava i mille abitanti negli anni ’60, ora ne ha poco più di 500, il paese appare placidamente sdraiato sotto il suo incredibile Monte Ruju e il vulcano spento che alimenta la cava di pietra pomice. Aperto e accogliente piuttosto che abbarbicato al monte. Sembra che questo essere stato costruito lungo l’antica strada ne abbia formato anche il carattere contemporaneo. Si combatte contro la morte lenta dello spopolamento e lo si fa, anticipando molti già da un po’ di tempo, con l’idea della rete tra piccoli centri, quella della intelligente “Città dei paesi”.

Franco Campus, 49 anni, archeologo laureato alla scuola romana di Renato Peroni è il sindaco di Ittireddu. «La Sardegna parte già da una bassa densità di popolazione – spiega–, forse l’epoca in cui era più fortemente popolata, in relazione ai tempi, è proprio quella nuragica ». Campus crede fermamente alla associazione tra i piccoli Comuni: «Non bisogna creare doppioni, se desideriamo una piscina più bella finanziamo il miglioramento di quella di Ardara, mandare i bambini alla scuola elementare di Mores ha un doppio valore: didattico, perché i bambini frequentano la loro classe e non una multiclasse, ed economico: perché il trasporto è a carico della Regione, col progetto Iscolas. Il Comune risparmia e investe in altre iniziative».

Quando era vice sindaco nel 2012 questo vulcanico archeologo, 49 anni e l’hobby della maratona, è stato ideatore di un’iniziativa di promozione culturale e turistica partita proprio da piccoli centri – anche lontani da Ittireddu – ma legati dal grande patrimonio archeologico. Teti, Torralba, Padria, Orune, Esterzili, Genoni e Oniferi hanno sposato l’idea della mostra “Identità e orizzonti di una civiltà mediterranea: la Sardegna nuragica”. Esposizione che ha raccontato la civiltà nuragica a Firenze, Roma, Genova e Venezia in sedi di grande prestigio. «Tanti i turisti che, dopo aver visto la mostra a casa loro, hanno lasciato le spiagge per visitare i monumenti – ricorda Campus –. Esperienza che vogliamo ripetere questa estate portando la mostra del museo archeologico a Olbia, far trovare a chi viene a visitarci, proprio sulla porta della Sardegna, la nostra storia». Dinamicità che sembra condivisa dai 500 abitanti di Ittireddu impegnati in tante associazioni, dal gruppo folk, al coro, la bocciofila, il gruppo ippico che organizza il Palio dei Comuni e quello degli asinelli, un premio di poesia di successo e l’estemporanea di pittura che è ormai una tradizione.

Al centro un museo archeologico intelligente, creato per la divulgazione, grandi pannelli esplicativi – e riproduzioni di bronzetti che si possono maneggiare –, museo che in questi giorni ospita la mostra del lavoro femminile. «Talenti scovati nel territorio» dicono i ragazzi del servizio civile che si occupano anche della grande biblioteca con migliaia di volumi. E anche qui i ragazzi del volontariato e i lettori arrivano anche dai paesi intorno. Poi c’è il museo etnografico con gli attrezzi della civiltà contadina, ma non è l’unico: in paese ne esistono altri due privati, creati da cittadini appassionati che hanno raccolto, abiti, foto e strumenti.

«L’investimento principale è in cultura e bellezza – sostiene il sindaco archeologo –. Quando la gente ha cultura e curiosità capisce i cambiamenti. Abbiamo speso tanto in arredo urbano, tra poco avremo un bel monumento moderno nella piazza e l’acqua da una nuova sorgente che ci permetterà di essere autonomi, la ricetta contro lo spopolamento è rendere il paese attrattivo e accogliente, nella speranza che qualcuno si voglia trasferire da noi». E questo desiderio lo si vede realizzato nell’albergo diffuso in un antica casa restaurata, nel campetto per il calcio a cinque.

«Abbiamo deciso di non spendere per la squadra di calcio – spiega Campus – . Avrebbe coinvolto solo giocatori di fuori, meglio il galoppatoio e un grande parco per i bambini con un castello di legno». E sono i bambini dell’asilo il vero tesoro del paese. «Ce li teniamo stretti e difendiamo la struttura, sicuri che in un paesino l’infanzia sia più bella» sostiene Campus.

E tra i progetti colpisce quello, in un paese così piccolo, di un parcheggio. «Voglio svuotare il centro dalle auto e liberare la piazzetta intorno a una delle più antiche chiese della Sardegna». Dice Campus indicando la preziosa chiesetta bizantina di Santa Croce. E da qui si può vedere il costone da film fantasy di Monte Zuiche, col suo castello giudicale e le vestigia nuragiche, di fronte i gradoni neri della pietra pomice che incorniciano i pascoli verdi e la strada antica che porta verso Oriente, Olbia e il turismo.

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