La Nuova Sardegna

«Una lumaca mi indicò la strada per il Nobel»

di Sabrina Zedda
«Una lumaca mi indicò la strada per il Nobel»

Lezione all’Università di Cagliari dello scienziato americano Eric Kandel, studioso del cervello umano

28 marzo 2017
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CAGLIARI. A metà degli anni Sessanta, a metterlo sulla giusta strada negli studi che più di trent'anni dopo gli sarebbero valsi il Nobel per la medicina, fu una lumaca. La Aplysia della California, un mollusco i cui neuroni sono simili a quelli dell'uomo, e che tra loro comunicano con le stesse modalità di quelli del cervello umano, gli fece scoprire come si formano i ricordi.

Per lui, Eric Kandel, natali a Vienna nel 1929, fu non solo il momento della soddifazione, ma anche quello del sospetto. «Lo chiamarono The big sinner, il grande peccatore - ricorda il neurofarmacologo Gian Luigi Gessa-, perché in quel modo disobbedì all'anatema di Cartesio secondo cui “Non c'è peccato più grande di quello commesso da chi si allontana dalla retta via pensando che l'anima delle bestie sia consimile alla nostra”». Tra i maggiori neuroscienziati del ventesimo secolo, e l'unico negli Usa ad aver vinto il Nobel per la medicina, Eric Kandel dal 1974 insegna biofisica e biochimica alla Columbia University. Ieri è stato ospite dell'Università di Cagliari per un doppio appuntamento: la mattina, in Rettorato, la lectio magistralis dal titolo “Il riduzionismo nell'arte e nelle neuroscienze”, la sera, nella Cittadella di Monserrato, una conferenza congiunta con Denise Kandel, docente alla Columbia University, oltre che sua moglie, sull'uso delle droghe. E' merito di Kandel se sappiamo che il nostro cervello serve non solo per farci vedere o camminare, ma anche per farci emozionare. Su quest'ultimo punto, dice Kandel, lavorano gli artisti: «Loro, come gli scienziati, usano il riduzionismo per raggiungere gli obiettivi». Significa che un sistema complesso può essere compreso partendo da un sistema più semplice: proprio come lui ha usato una lumaca per capire il funzionamento del cervello umano, chi dipinge un quadro, sebbene l'opera possa essere semplice, può far scaturire nella mente dell'osservatore emozioni e sentimenti infiniti.

Molti passi avanti sono stati fatti dagli studi negli anni. «Eppure, a oggi del cervello conosciamo forse il 20 per cento. Malattie come la depressione o la schizofrenia sono ancora da indagare». Dalla medicina alla società attuale, Kandel parla anche dell'eccessivo bombardamento di informazioni: «Negli ultimi vent'annni la comunicazione è completamente cambiata. Oggi siamo sottoposti a un flusso continuo ed è preoccupante». Amante dell'arte («Sono sessant'anni che con mia moglie collezioniamo capolavori da tutto il mondo come quelli di Munch, Klimt o Kokoscha»), Kandel ha ereditato il gusto dalla sua Vienna, città che lui, ebreo, dovette abbandonare durante il Nazismo: «Perché una società capace di produrre cultura e bellezza può essere anche essere così barbara? Fu questa domanda a spingermi a studiare la mente umana. Mi risposi che il maligno esiste nella società, e che ciò che rende l'uomo buono o meno buono è l'esistenza della democrazia. Che, come suggerì Reinhold Niebuhr, è auspicabile laddove ci sia la presenza di Dio e del bene. Assolutamente necessaria quando c'è la presenza del male». E l'Europa di oggi, come sta secondo Kandel? «La situazione è tragica. Ma non posso essere io a dare risposte a questi problemi. Preferisco continuare a occuparmi di lumache».

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