La Nuova Sardegna

Sebastiano Satta “S’abbocà” diventa detective

di Alessandro Marongiu
Sebastiano Satta “S’abbocà” diventa detective

“Sempre caro” è la prima indagine del poeta Marcello Fois trova il suo eroe perfetto

05 maggio 2017
4 MINUTI DI LETTURA





di Alessandro Marongiu

Lanciando il nome di Sebastiano Satta da un’altura che s’affacciava su un’ampia valle, un tempo, ci si sarebbe sentiti riportare indietro dall’eco il nome di Giosuè Carducci. Tutta la critica, almeno quella non isolana, prima di dimenticarsi e far dimenticare il poeta-vate-avvocato nuorese, batté quasi solo su questo punto: Satta sotto-carducciano e, per la sua produzione più matura, Satta traditore dell’ispirazione carducciana.

I più arditi, in anni ormai lontani, si spinsero a chiamare in causa anche Pascoli e D’Annunzio; ma si trattò di fuochi fatui, e seguì un lungo oblio (facilitato, va detto, anche dalla difficoltà di reperire opere e informazioni biografiche certe di Satta, come lamentò Pancrazi sul Corriere della Sera e in seguito anche in un suo libro del 1937). Poi, nel 1998, esce in coedizione tra Il Maestrale e Frassinelli il primo dei tre romanzi d’investigazione di Marcello Fois di cui Sebastiano Satta è protagonista, “Sempre caro”, e il nome che l’eco riporta indietro è, in tutta evidenza, un altro: quello di Giacomo Leopardi. Azzardo di Fois? Forse.

NOTTI IN SOLITUDINE

O forse no. Perché nel 1924, in un articolo pubblicato da La Nuova Sardegna e intitolato “L’ultimo dei goliardi”, il misterioso estensore che si celava dietro lo pseudonimo di Gamma scrisse che, durante il periodo trascorso a Sassari da studente di Giurisprudenza, Satta passava «più e più notti» in attesa dell’alba «pei viali dei giardini e nelle solitudini dell’acquedotto, ove i pini e gli eucalipti, e le boscaglie di olivi assumevano sotto le stelle le più fantastiche forme, e davano l’idea di un irraggiungibile infinito, chiuso alla felicità e al sacrificio inutile dell’uomo». Inutilità dell’agire umano, chiusura alla felicità e – guarda un po’ – “infinito”: ecco Giacomo Leopardi. Ora: che Fois conoscesse le parole di Gamma e abbia creato a partire da esse l’accostamento tra Satta e il genio di Recanati, è faccenda a ben vedere secondaria. Piace però pensare che questo corto circuito di rimandi tra il 1924 e la fine del secolo sia nato in maniera del tutto spontanea e inconsapevole. È, anche questo, il bello della letteratura: che apre squarci di meraviglia lì dove non ci si aspetterebbe, o dove non ci sono affatto.

RELEGATO AI MARGINI

La letteratura che Satta frequentò in vita, scrivendo in versi di vicende collettive e personali, lo relegò ai margini poco dopo la morte, avvenuta nel 1914; più tardi, e siamo ai giorni nostri, vi rientrò in vesta inedita, appunto di personaggio, grazie all’intuizione del concittadino Fois. Il quale Fois, nella seconda di copertina di “Sempre caro”, affermava: «Ho ritenuto uno spreco inutile di energie provare a inventarmi un personaggio dal momento che la storia della mia città ne aveva uno bell’e pronto. Credetemi sulla parola: non capita tutti i giorni. Bustianu, come la sua, e la mia, città lo chiama tuttora con affetto, era il personaggio perfetto e calzava come un guanto alla mia idea di “eroe”. Perché per costruire una serie di romanzi che abbiano lo stesso protagonista ci vuole un eroe...». Dopo il suo debutto, Bustianu s’abbocà, Se. bastiano l’avvocato, è infatti tornato per altre due volte nelle pagine di Fois a far luce su fatti delittuosi: in “Sangue dal cielo” del 1999 (in uscita con La Nuova Sardegna il prossimo venerdì 26 maggio) e in “L’altro mondo” del 2002.

DALLA PARTE DEI DEBOLI

Nel protagonista di carta, il lettore ritroverà molte delle caratteristiche del Sebastiano Satta realmente vissuto: il suo stare sempre dalla parte dei più deboli, dentro il foro e non solo, che gli valse grande fama e soprattutto un generalizzato rispetto in tutta la Sardegna; la convinzione che il neonato Stato italiano, e prim’ancora i Piemontesi, non avessero tenuto in alcun conto le specificità locali, creando quella “questione meridionale” che non ha mai smesso di far sentire i suoi effetti («Una cosa l’abbiamo capita da subito e senza che ci fosse bisogno di spiegarcela: di quello che siamo, di quello che siamo stati, di quello che saremo, non importa niente a nessuno»); e ancora: il non facile rapporto con la madre Raimonda, le idee socialiste, l’ateismo e la volontà di distinguere tra chi era diventato bandito per scelta, e chi invece non aveva potuto evitarlo a seguito dell’editto delle Chiudende e dell’Unità («Li capisco, questo sì. Non li giustifico, non li giustifico proprio. Ma a prendere la gente per fame e per sfiducia, non si possono pretendere risultati duraturi. Questa non è una terra coma un’altra»).

UN AVVOCATO TESTARDO

Nella sua avventura iniziale, l’autore dei “Canti barbaricini” è alle prese con la difesa del giovane Zenobi Sanna, accusato di aver sottratto, per poi rivenderli, nove agnelli ai suoi datori di lavoro, i Casùla Pes. A complicare la situazione del ventiquattrenne, che s’è dato alla macchia pur proclamandosi innocente per bocca della madre, c’è l’amore, corrisposto, verso Sisinnia: che è giusto la figlia minore dei derubati, Cosma e Dolores Casùla Pes. Le cose paiono precipitare quando due morti si aggiungono alla lista dei crimini imputabili a Zenobi, e nessuno, tra gli uomini delle forze dell’ordine, nutre dubbi circa la sua colpevolezza. Non così Bustianu, che andrà avanti per la sua strada, testardo, alla ricerca della verità.

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative