La Nuova Sardegna

Matteo Branciamore: «In Sardegna le mie radici»

di Alessandro Pirina
Matteo Branciamore: «In Sardegna le mie radici»

Intervista con l’attore lanciato dalla serie televisiva “Cesaroni”, tra i protagonisti del Figari Film Fest di Golfo Aranci

27 giugno 2017
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GOLFO ARANCI. Matteo Branciamore al Figari Film Fest è di casa. Per il terzo anno di fila l’attore romano lanciato dai “Cesaroni” ha timbrato il cartellino del festival dei cortometraggi di Golfo Aranci. Tanto da lanciare l’idea di un Figari invernale. «Dobbiamo trovarci almeno ogni sei mesi per parlare di cinema, per scambiarci opinioni. Non si può sempre aspettare un anno prima di rivederci. Questo festival sta crescendo in maniera esponenziale. In tre anni ha fatto passi da gigante. E poi la Sardegna merita molto di più dal punto di vista cinematografico. È una realtà che non ha niente da invidiare ad altre regioni che producono milioni di film».

Ha qualche idea per l’isola?

«Io voglio battermi per progetti che raccontino veramente la Sardegna. Io amo quest’isola, sono mezzo sardo. E dai colori si vede. Mia madre è di Domus de Maria, vengo qui da quando sono nato. È una terra che presenta situazioni accattivanti sia di mare che di montagna. Tutti rimaniamo incantati quando nei film americani i protagonisti vanno alle Maldive. Ma la Sardegna non ha nulla da invidiare, qui tutto può essere fonte di ispirazione. Anche di questo ho parlato con amici e colleghi al Figari».

Terzo anno a Golfo Aranci: com’è andata questa edizione?

«Ogni va sempre meglio. Il Figari sta riuscendo nell’impresa di riunire tutti i giovani filmaker di oggi, quelli che ci delizieranno nel futuro. È davvero una cosa molto bella. Ora al Figari manca solo il passaggio finale per diventare una cantera. Anche perché questo è un festival unico...».

In che senso?

«È il solo che non mi fa sentire a disagio. Non ha un aspetto patinato, nessuno ha la puzza sotto il naso, e soprattutto c’è meritocrazia. Al Figari film fest siamo tutti uguali, nessuno è meglio dell’altro».

Il cinema sembra sempre più minacciato dalle pay tv e dal web.

«Questa è anche la mia paura. La nostra società è sempre più proiettata sulla velocità di esecuzione e il cinema risulta troppo lento. Devi prendere la macchina, trovare il parcheggio, fare il biglietto, trovare posto in sala. La tv è molto più immediata e oggi - vedi Netflix - fa anche prodotti di qualità. Finirà che il cinema resterà una cosa per nostalgici, mentre i ragazzini frequenteranno le sale sempre meno».

Cosa c’è nel futuro di Matteo Branciamore?

«In autunno uscirà al cinema “La banda dei tre”, di Francesco Maria Dominedò, con Marco Bocci e Francesco Pannofino. Il mio è un ruolo particolare, molto divertente. E poi sto tentando di girare qualcosa di mio. Sono uno che non riesce a stare fermo».

Cosa le piacerebbe fare?

«Il mio sogno è un ruolo in sardo».

Lo capisce bene?

«Lo capisco e lo parlo anche. Prima o poi spero di riuscirci»

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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