La Nuova Sardegna

I sogni della Capitana nascondono un delitto

di Alessandro Marongiu
I sogni della Capitana nascondono un delitto

Da oggi in edicola il romanzo “Terra mala” di Copez e Follesa

14 luglio 2017
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Sulle linee essenziali, tutti concordano: in quella porzione di mare compresa tra le cale di Terra mala, Is Mortorius e Capitana, un temibile pirata arabo avrebbe fatto sbarcare dalla sua galea la donna di cui era innamorato, con al seguito un paio di uomini per proteggerla, e le avrebbe affidato un tesoro promettendole di tornare presto per riprenderla con sé. Lei, la “Capitana”, l’avrebbe atteso a lungo, ma invano: non ne avrebbe saputo più niente. Sui dettagli invece, come per ogni leggenda che si rispetti, nel tempo sono fiorite innumerevoli versioni, che per giunta non si sono limitate a quelle antiche vicende: così, c’è chi racconta ancora oggi che fino a pochi decenni fa più di un abitante di Quartu Sant’Elena avrebbe cercato il tesoro del pirata, andando incontro a una brutta fine a causa di una maledizione a esso legata. È il bello delle leggende; e del resto, come dice una voce del romanzo, «che cosa sarebbero gli uomini se non sognassero?» Il romanzo cui ci riferiamo è “Terra mala” di Rossana Copez e Giovanni Follesa, da oggi in edicola con La Nuova per la collana “Maestri sardi del giallo”: ed è appunto dalla storia di Capitana che la coppia è partita per costruire un thriller esoterico in cui il nostro presente e fatti di cinquecento anni fa si rincorrono senza sosta per mostrare, nel finale, una relazione sorprendente.

Al centro del libro c’è la romana Adele, afflitta da un incubo ricorrente durante il quale si trova in un mare in tempesta e, mentre prova a non morirvi affogata, sente qualcuno che la chiama, da lontano, con l’appellativo di “Capitana”. La mattina, al risveglio, Adele si scopre sempre bagnata di acqua salata: come se in mezzo al mare ci fosse stata per davvero. Per cercare una spiegazione, la donna si reca dallo psicanalista Sainas, che la convince ad andare in Sardegna assicurandole che lì scoprirà cosa c’è dietro le sue notti agitate. A Cagliari Adele entrerà in contatto con il giovane dj Enrico Kenji e con Gabriele, che insieme a un gruppo di amici pratica sedute medianiche per tentare di recuperare un certo tesoro, e rincontrerà Sainas, interessato alla sua sorte in maniera fin troppo sospetta. Man mano che le morti tra i compagni di Gabriele si susseguono, Adele comincerà a capire qual è il suo rapporto con quella misteriosa vicenda del passato e con l’altrettanto misteriosa “capitana”.

A presentare il romanzo ai lettori sono i due autori, Copez e Follesa.

Tra le tante leggende che riguardano la Sardegna, avete scelto di prendere le mosse per il vostro libro da quella della Capitana: cosa vi lega alla sua storia?

«È un mistero nel mistero. Entrambi conoscevamo la leggenda del tesoro e delle sedute spiritiche organizzate per trovarlo. Ciascuno di noi ha convissuto per conto proprio con la storia di Capitana. E sapevamo di tante morti inspiegabili. Scoperta con stupore questa reciprocità abbiamo deciso di romanzare le vicende reali e così è nato il mito di “Terra mala”».

Considerata la scrittura a quattro mani, in che modo avete gestito tra voi la materia narrativa?

«È una storia che appartiene ad entrambi: ottimo punto di partenza per scrivere un romanzo insieme. Nell’amalgama degli ingredienti è importante l’amicizia che ci lega. Serate di chiacchierate per caratterizzare ogni personaggio. Serate di ricerca sui libri per portare alla luce pezzi poco noti di storia della Sardegna. Abbiamo vissuto con i nostri personaggi e questi ci hanno trascinato emotivamente dentro le loro vite. Tra i personaggi-chiave ci è piaciuto avere i luoghi: i loro nomi evocano storie. Lungo la strada del mare per Villasimius si rincorrono Capitana, Is Mortorius, Kala ‘e Moru, Terra mala. Un invito vero a proprio alla ricerca insomma. Cosa c’è dietro? Cosa ci vogliono raccontare quegli scogli, quelle spiagge? Ecco. Noi li abbiamo ascoltati».

Il personaggio di Maurizio, antipatico e dispotico ma capace di creare attorno a sé un gruppo di seguaci che gli obbedisce fedelmente, ricorda certe figure di “santoni” come il reverendo Jones o Charles Manson: vi siete ispirati a qualcuno in particolare per la sua caratterizzazione?

« Il nostro Maurizio è un personaggio “reale”. Si dice che in tanti abbiano dovuto fare i conti con la sua smania di agguantare una ricchezza facile e incarnare un potere soprannaturale. Mosso dal cinismo, Maurizio è anche archetipo dell’uomo che brama smisuratamente fama e onori: rappresenta l’essenza più intima del male tenuto celato ai più ma non per questo sempre domato. Perfidia subdola e tentatrice che strumentalizza anche gli affetti più cari».

Pensate che nel mondo attuale ci sia ancora posto per le leggende?

«Storie, fiabe, leggende sono la ricchezza dell’uomo. Questa conoscenza è il tesoro che custodiamo intimamente. Cosa ci fa sognare ed emozionare di fronte ai Giganti di Mont’e Prama se non fantasticarne le gesta eroiche? Le leggende si fanno memoria, nutrono la fantasia e cullano i sogni, soprattutto rendono più lieve e nello stesso tempo colorato il vivere contemporaneo troppo spesso pesante e asfittico».

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