La Nuova Sardegna

Mannarino show «La musica è libertà»

di Andrea Musio
Mannarino show «La musica è libertà»

Il live del cantante romano anteprima del festival Abbabula Grande pubblico a Riola per ascoltare i brani di “Apriti cielo”

17 luglio 2017
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RIOLA SARDO. Momenti di grande festa ed altri di profonda intimità. Le due facce di Alessandro Mannarino che si contrappongono ma che si sono fuse alla perfezione nel concerto di sabato sera nel Parco dei Suoni per la serata inaugurale del cartellone organizzato da Rete Sinis nonché anteprima del Festival Abbabula (che entrerà nel vivo dal 3 al 5 agosto nell'area concerti allestita da Le Ragazze Terribili a Monte d'Accoddi a Sassari).

Il “Cacciarone” ed il pensatore, atteggiamenti e modi di porsi nei confronti della vita, si completano perché, non può esserci un solo Mannarino. Stornelli romaneschi scivolano sul metodo di scrittura tipicamente pop. Formula vincente per il cantautore capitolino. Lo sapevano bene le oltre duemila e cinquecento persone accorse per l'unica data estiva nell'isola. Acclamato tanto da metterlo in imbarazzo, ha ringraziato con un concerto di quasi due ore e mezzo con una band di supporto eccezionale composta da dodici musicisti, instancabili tanto quanto gli aficionados sotto al palco. Sempre pronti a ballare per poi sapersi raccogliere nei momenti più intimi, pur sempre partecipi. Colpisce da subito la sua professionalità ed ancora di più la spontaneità con le quali esegue i brani, ventidue in tutto, più amati dal suo pubblico.

«Sono indipendentista», dice col dito indice puntato sul capo. «La mia bandiera è fatta di stracci – continua – non ho preghiera e non appartengo a nessuno Stato e quando sono tra di voi non vedo razza ne credo, vedo solo esseri umani». Un argomento trattato a più riprese nei brani contenuti nell'ultimo album, “Apriti cielo”, suonati dal vivo insieme, naturalmente ad alcune delle vecchie composizioni presenti nei precedenti tre dischi. Con “Roma” compare su un palco per scelta poco illuminato quasi come voler entrare, con sarcasmo, in punta di piedi. Seguono a ruota “L'impero”, la tittle track “Apriti cielo” in un crescendo di ritmo e partecipazione fino a “Babalù” con cui ufficialmente si aprono le danze. Avanti e indietro nel tempo, solo chitarra e voce ed un quasi invisibile accompagnamento della batteria per poi buttarsi a capo fitto su ritmi incalzanti, tutti da ballare e da cantare a squarciagola con virate sulla musica “carioca”, sterzate country e richiami al “far west” con le musiche che facilmete riportano alla mente le influenze di Ennio Morricone. “Arca di Noè”, “Quando l'amore se ne va” ancora tra le composizioni in scaletta. “Ho iniziato ad essere anticlericale già da ragazzino” racconta per introdurre “Maddalena”.

«Nella piazzetta del mio quartiere popolare c'era questa statua enorme, più grande della mia casa. “Quella è la donna più bella e più brava del mondo”, mi dissero, “perché è vergine e non ha mai commesso peccato”. Già allora non mi piacque e oggi penso che insegnare alle ragazze la purezza e la verginità sia più violenza di quella dell'Isis». “Osso di seppia” e ancora “Serenata lacrimosa” e “Tevere Grand-Hotel” fra le tante prima di una pausa per poi tornare sul palco, tenendo in serbo le canzoni più attese. “Mettiamomo via i cellulari ed usiamo il cervello” chiede Mannarino scherzoso ma deciso. E “Fatte bacià”, interrotta e ripresa più volte, suscita ilarità e complicità. “Il bar della rabbia”, “Mary-Lou” e l'invito “Vivere la vita” senza timore. Spiega: «Per essere liberi non bisogna avere paura di essere cattivi». Una performance studiata nei minimi dettagli e precisa come un orologio svizzero con una produzione che, a primo acchito, poteva sembrare sovrastimata per un Mannarino minimale, che invece si è rivelata azzeccata, sempre ponderata e mai invadente.

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