La Nuova Sardegna

Gli U2 in concerto a Roma Due live indimenticabili con 120mila fan da tutta Italia

di Giovanni Dessole
Gli U2 in concerto a Roma Due live indimenticabili con 120mila fan da tutta Italia

Successo strepitoso per la band di Bono Vox a trent’ anni da “The Joshua Tree” Tra il pubblico dell’Olimpico anche tantissimi spettatori arrivati dalla Sardegna

18 luglio 2017
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ROMA. U2 a Roma: 30 anni dopo è ancora “The Joshua Tree”. Cronaca di un successo annunciato, auspicato e fissato nella memoria dei 120mila presenti alla due giorni della capitale. Il caldo romano morde, di più, azzanna l’interminabile fila che porta al prato fronte palcoscenico. Clima rovente che però non fiacca i 58mila che domenica, in silente quanto euforico pellegrinaggio, hanno raggiunto lo stadio Olimpico da ogni parte della città. Da ogni parte d’Italia. Dalle isole, Sardegna compresa. Una sorta di déjà vu, per chi già il giorno prima, sabato, in occasione del primo dei due concerti della band irlandese, aveva compiuto il rito, che vale per ogni grande evento live, evento che si differenzia dagli altri per il protagonista di turno sul palco. Nel maggio 1987 i suoni generati dallo show di Bono, The Edge, Larry Mullin e Adam Clayton – anteprima europea e trampolino per il successo assoluto della band – fecero realmente tremare Roma e i suoi palazzi. Tremare, nel vero senso della parola. “The Joshua Tree” si mostrava per la prima volta al popolo del Flaminio, l’albero allora era un fuscello giovane e robusto, oggi ha tronco imponente e rami lunghi cresciuti in 30 anni di musica. Anni che segnano i volti dei protagonisti ma non ne intaccano la voci – Bono ha eseguito in maniera impeccabile, calda e coinvolgente – né mutano il senso e la magia di un live che riporta indietro agli anni Ottanta, agli anni in cui ai concerti si era meno social ma si socializzava di più, agli anni in cui gli U2 si affermavano sulla scena mondiale.

A distanza di oltre tre decenni da quel 27 maggio la storia, pur evoluta, si ripete. E c’è molta più attesa. C’è molta più gente: 58mila persone. È molto più alto il costo del biglietto: sold out e prezzi da oltre 250 euro per una zolla di prato nelle uniche due date italiane, bagarini scatenati all’ingresso. Ci sono molti più smartphone pronti a immortalare la scena. Il concerto è epocale, celebra il ritorno dell’albero di Joshua, album feticcio per i fan U2, tema riprodotto anche sul mastodontico schermo alle spalle di Bono & co., proiettato sulla passerella che affonda le radici nella folla adorante.

Daniele e Matteo arrivano da Ploaghe, a loro tocca il sabato, maglietta dedicata e biglietto, sofferenza e pazienza per sopportare la fila e presentarsi al cospetto di Bono, a due passi dal palco. A Davide spetta il turno domenicale, festeggerà lì i suoi primi 40 anni, ma si porta avanti con il lavoro e vola sulla penisola la sera prima per prendere confidenza con la location.

Angela parte da Sassari a mezzogiorno della domenica, il giorno stesso del concerto: all’Olimpico ci arriva in taxi, toccata e fuga ad altissima resa e ad alto tasso di soddisfazione. Ultime birrette prima dell’ingresso, all’interno bere costa caro, acqua compresa. Controlli di sicurezza, bottiglie di plastica senza tappo, micro zainetti in spalla e occhiali alla Bono sul naso: il popolo di “Where the streets have no name” è pronto ad affrontare un viaggio tridimensionale. E poco male se Bono è invecchiato: il carisma del classe 1960 c’è e si sente, le sue movenze sinuose sono danza che incanta. L’occhiale calato sul volto è un must. L'intenzione è piena. Il resto è storia della musica. Perché sull'enorme palco con schermo 3D piazzato sul prato – rivestito – dell'Olimpico, si canta la storia. Il concerto lo apre Noel Gallagher, anteprima succulenta che placa la brama del pubblico e accompagna sino al big event. Come per il sound di Howie B a Reggio Emilia 20 anni prima, come per “Wake Up” degli Arcade Fire a Milano oltre due lustri fa, una musica in loop e quasi ipnotica avvolge l’Olimpico.

Apre “Sunday Bloody Sunday”, ed è subito show-time. La scaletta corre e scorre. I temi della pace, dell’uguaglianza di razza e genere fanno capolino fra le note. Sul palcoscenico l’intero album “The Joshua Tree”, emozione, adrenalina e lacrime si fondono in una massa indistinta che ondeggia e canta fronte maxi schermo. Stavolta i ragazzi di Dublino non fanno “Bad”, ma l’emozione è forte, arriva dritta in faccia e scava sotto pelle. Immagini che parlano, cori a seguire le canzoni più note, piccole perle come “Red Mining Hill Town”, “Ultraviolet” e “Misteryous Ways”: come ai tempi dello ZooTv, Bono invita una ragazza a ballare sul palco, e scatena la platea. Ma non basta. Miss Sarajevo è poesia che scatena il pianto. Poi il ritmo sale e aumentano i battiti cardiaci. Il cuore “esplode” con “One” e il concerto si chiude. «Grazie per esserci stati vicini, le nostre canzoni sono le vostre», firmato Bono.



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