La Nuova Sardegna

«Giffoni è un luogo magico»

di Fabio Canessa

Il regista Enrico Pau tra i “docenti” del festival del cinema dedicato ai ragazzi

22 luglio 2017
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SASSARI. È un periodo d’oro per Enrico Pau. Due giorni fa è uscita la notizia che il corto “L’ultimo miracolo” realizzato all’interno di un laboratorio dell’università di Cagliari sarà a Venezia per la Settimana della critica, e intanto il suo lungometraggio “L’accabadora”, uscito ad aprile, continua a girare con successo nelle arene estive e a essere proiettato in festival importanti. Martedì sarà per esempio a Bobbio, nella manifestazione diretta da Marco Bellocchio. Nei giorni scorsi Pau è stato invece a Giffoni, per la 47esima edizione del grande festival dedicato ai ragazzi che si concluderà oggi.

«Ci ero già stato esattamente dieci anni fa - racconta il regista - con “ Jimmy della collina” che aveva vinto anche due premi. Tornarci è stato bellissimo. La cosa fantastica di Giffoni è che nonostante sia diventato un festival internazionale importantissimo, non ha perso la sua natura, non ha mai smarrito la sua identità. L’idea di rivolgersi ai ragazzi, di far crescere il pubblico del futuro. Molti dei ragazzi presenti alla mia masterclass, già grandi, sono cresciuti nelle varie giurie sin da piccoli. È una specie di accademia in movimento». A loro Pau ha parlato del suo film “L’accabadora”, dopo la visione «che ha coinvolto molto i ragazzi - sottolinea l’autore - dimostrando la forza di questa storia anche fuori dai confini dell’isola. Perché vengono colti i temi fondamentali, a partire da quello dell’eutanasia e del passaggio culturale, umano della protagonista Annetta». Tante, racconta Pau, le domande dei ragazzi durate l’incontro. «Quella che mi ha colpito di più? Anche da insegnante di italiano, la curiosità sulla questione della lingua. Il perché un film ambientato in un contesto così preciso non sia in sardo. La cosa più importante per me è la verità del racconto. Se tu riesci a ricostruire qualcosa che appartiene al nostro immaginario, se poi la racconti in italiano cosa cambia? La tensione massima va messa nella ricostruzione di un universo, per quanto mi riguarda nelle relazioni tra l’uomo e lo spazio fisico in cui si muove». Un aneddoto personale spiega bene la posizione di Pau: «Ho raccontato ai ragazzi che da giovane ho avuto la fortuna di recitare in un film con Irene Papas: “Il disertore” di Giuliana Berlinguer. Beh, mai visto nessuna attrice più sarda della Papas che era greca. Si era costruita un universo come ha fatto nel mio film Donatella Finocchiaro. Un universo di gesti, di azioni che stanno dentro la fisicità della Sardegna. C’erano molti ragazzi del sud che sono rimasti colpiti da questo. La mia idea, partendo da Ernesto De Martino, è quella che c’è una sorta di linea immaginaria che unisce tutto il sud. Il fatto che Donatella sia siciliana credo l’abbia aiutata a trovare la fisicità giusta, legata alla Sardegna che volevo raccontare. Una Sardegna più sognata che reale. Che passa attraverso i pittori sardi di inizio Novecento».

Ma quale consiglio dare ai ragazzi che vogliono fare cinema? Pau non ha dubbi: «Ci vuole quasi follia per fare questo mestiere. Una dedizione massima. Non basta il talento se non è coltivato».

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