La Nuova Sardegna

“Krónos e Kairós” Il tempo della musica di Battista Giordano

di Andrea Massidda

Chiusura emozionante con l’opera del compositore nuorese Una produzione originale per celebrare i 30 anni del festival 

31 luglio 2017
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INVIATO A CALA GONONE . L’eterna lotta tra Krónos e Kairós, cioè tra la concezione del “tempo quantitativo” e quella del “tempo qualitativo” secondo la mitologia greca. Uno scontro titanico a tratti sferzante e a tratti persino dolce, comunque tradotto meravigliosamente in musica contemporanea dal compositore nuorese Battista Giordano, che per celebrare i trent’anni del festival Calagonone Jazz ha immaginato, scritto e infine eseguito per la prima volta una produzione originale divisa in otto temi, l’ultimo dei quali dedicato esplicitamente al sound afroamericano. Il tutto coinvolgendo nell’operazione un quartetto d’archi fatto di talenti conclamati e di straordinarie promesse internazionali, come la violinista statunitense Ariel Horowitz e gli altri archi Piotr Marciak, Tomasz Wiroba e Carlos Garfias. Così, con questo concerto dell’Euroamerican quintet, ieri sera è calato il sipario su una specialissima edizione della rassegna musicale organizzata nel borgo barbaricino affacciato sul mare dall’associazione Intermezzo.

Applausi a scena aperta da parte del pubblico, che è rimasto stregato da un’opera capace di emozionare e persino di commuovere, anche grazie all’indiscussa bravura dei musicisti, tutti molto affiatati. Il fatto che, come suggerisce il brano “Kairós mood”, nella battaglia alla fine prevalga “il periodo di tempo indeterminato nel quale accade qualcosa di straordinario”, è forse una metafora di questi tre decenni di attività culturale portata avanti con entusiasmo ma a volte con fatica.

L’ultima giornata del festival Calagonone jazz, tuttavia, si è aperta sin dalla mattina con l’ormai tradizionale performance all’interno delle Grotte del Bue Marino. A esibirsi in quello scenario mozzafiato sono stati i Caravela, giovanissima formazione con base a Londra ma con radici musicali brasiliane e africane. La voce della portoghese Ines Franco, il contrabbasso dell’australiano Greg Gottlies, la tastiera del venezuelano joseph Costi, la batteria dell’inglese Ben Brown e ancora la chitarra del portoghese Telmo Sousa, autore di molti brani, hanno creato una atmosfera magica ed elettrizzante mescolando melodie latine con i vibranti ritmi provenienti dal Continente Nero. E il risultato è stato una musica sensibile e piena di passione, energia e vita. Come la nave colombiana dalla quale prendono il loro nome, i Caravela partono alla volta di territori sconosciuti, esplorando sonorità che spesso gli altri hanno lasciato indietro o semplicemente dimenticato, dando nuovo respiro a brani misconosciuti. Una certezza, visto che l’età media del gruppo è di venticinque anni: saranno famosi. Nel set delle 19, quello dell’aperitivo all’acquario, il pubblico del festival ha potuto apprezzare anche il pianoforte romantico e soave di Larissa Belotserkoskaya, virtuosa musicista che ha reinterpretato a modo suo Schubert, Brahms, Tchaikovsky, Glinka e Gryaznov.

Si chiude così, in bellezza, un’edizione storica del festival, che ha visto sul palco, tra gli altri, anche Antonio Ciacca, Mike Stern, Toni Momrelle e Baba Sissoko accompagnato dalla figlia Djana. «Un’edizione molto gratificante – dice Giuseppe Giordano, presidente di Intermezzo – soprattutto perché ci conferma due cose: intanto che il jazz non è assolutamente finito, ma anzi ha ancora molto da offrirci. E poi che dal punto di vista turistico la nostra rassegna resta una grandissima attrazione».



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