La Nuova Sardegna

«Adesso sono madre e una scrittrice nuova»

di Fabio Canessa
«Adesso sono madre e una scrittrice nuova»

Silvia Avallone nell’isola con “Da dove la vita è perfetta”

06 agosto 2017
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ALGHERO. Grande appassionata di letteratura americana, posta su Facebook, da Alghero, una foto con in mano un libro di Meyer Levin: “Compulsion”. Un tuffo nella Chicago anni Venti per combattere, con il mare e la dolce compagnia della piccola Nilde, sua figlia, il super caldo degli ultimi giorni. Nell’attesa di iniziare il tour di presentazione del suo nuovo romanzo, “Da dove la vita è perfetta” (Rizzoli), che partirà stasera da Putifigari alle 21 in piazza Boyl. Un appuntamento che si inserisce tra le anteprime del festival Dall’altra parte del mare, curato dalla libreria Cyrano, così come quello in programma domani alle 20 al Beach Bar Archimete a Tramariglio, nel Parco di Porto Conte. Mercoledì la scrittrice sarà invece a Sassari, alle 19 al Vecchio Mulino per una serata organizzata in collaborazione con la libreria Azuni, e venerdì a Macomer, ospite alla stessa ora della libreria Emmepi Ubik. Ritorno in Sardegna per la scrittrice con un libro che parla di maternità, senza dimenticare temi cari all’autrice come le periferie e le vite degli adolescenti. Un romanzo incentrato su cinque personaggi e ambientato a Bologna. Dopo “Acciaio” nella Piombino dove Silvia Avallone è cresciuta, e “Marina Bellezza” che racconta una vicenda intorno a Biella dove è nata, ecco dunque la città nella quale vive ormai da tempo. «Devo dire che non credevo di poter ambientare un romanzo Bologna. È stata la scena del parto, con la quale inizia il libro, a portarmi naturalmente lì. A spingermi poi a raccontare una Bologna che è quella universitaria, delle biblioteche, della cultura».

Però non manca la periferia, ricorrente nei suoi libri.

«Le periferie sono un po’ come un’ossessione che mi porto sempre dietro. Mi interessano come luogo di emarginazione sociale, perché racconto soprattutto della vita di vinti e del loro tentativo di riscatto».

Il racconto di quel mondo, che appare così vero nei suoi romanzi, è preceduto anche da sopralluoghi?

«Anche se in fondo scrivo di una periferia immaginaria, tutto parte dalla conoscenza della realtà. Per me è normale visitare periferie, casermoni, tribunali di minori. Tutto quello che racconto parte da un’indagine».

Dai luoghi ai personaggi. Il romanzo presenta una coralità marcata, ma da quale personaggio è partito.

«Adele, una ragazza di diciassette che rimane incinta, è stata la forza propulsiva. Attorno a lei si sono poi sviluppati gli altri quattro protagonisti: Manuel, Dora, Fabio e Zeno».

Le sue storie, ancorate alla realtà, sono spesso dure. In questo caso però sembra esserci più speranza. È così?

«Sì. Sono madre adesso e quando diventi genitore è normale sperare in un futuro migliore. Anche se per affrontarlo conosco solo un modo: leggere, informarsi, conoscere la realtà».

Diventare madre come ha cambiato le sue abitudini di scrittrice?

«Posso dire che è cambiato tutto. Prima mi alzavo, mi mettevo a scrivere dalla mattina, facevo tipo le mie otto ore di lavoro giornaliero senza timbrare. Avevo un metodo sovietico. Anche se poi un libro ha il suo tempo anarchico, non lo puoi controllare pienamente. Almeno per quanto mi riguarda».

Questo romanzo quando l’ha scritto?

«Durante il primo anno di vita di mia figlia. Quando si addormentava, stava con mio marito, ma anche con lei in braccio. Non è stato un impedimento, anzi. Mi ha dato grande energia. Avevo meno tempo, ma molto più da dire. Questa la sensazione che ho provato. La maternità mi ha dato un nuovo linguaggio, un modo diverso di raccontare. Non voglio generalizzare, ma la maternità secondo me non toglie davvero nulla. Aggiunge. È stato un momento magico della mia vita, il libro è diventato come un fratellino di mia figlia».

In questo senso ha anche due fratelli maggiori. I romanzi precedenti, “Acciaio” e “Marina Bellezza”. Come guarda a distanza di anni a quei lavori e ai personaggi che ha creato?

«Come una mamma che fa fatica a separarsi dai figli, ma sa che è giusto lasciarli andare. Rimarranno una parte di me».

“Acciaio” è diventato anche un film. Ad Alghero presenterà i libro all’interno di una rassegna soprattutto cinematografica (Cinema delle terre del mare). Qual è il suo rapporto con il cinema?

«Amo la peculiarità della scrittura, ma il linguaggio cinematografico mi piace. Cerco anche di rubare quello posso: per esempio l’idea di far vedere anziché spiegare».

Un film recente che l’ha colpita?

«Più che un film, voglio citare una serie tv: “Breaking Bad”. Walter White è davvero un personaggio indimenticabile».

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