La Nuova Sardegna

Pesce col “garum”, la delizia dei romani

di Emanuele Fancellu

A Porto Torres una serata dedicata all’arte culinaria nell’antica Turris Libisonis con la degustazione della particolare salsa

25 agosto 2017
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PORTO TORRES. In fondo, il sapore non si discosta troppo da quello di una pasta d'acciughe speziata, ma ancor più salata. Il sapore di che? Del garum, naturalmente, il protagonista indiscusso di "Non solo garum: la lavorazione e il commercio del pesce dall’età romana ai nostri giorni", secondo dei tre appuntamenti del ciclo "Musei di Storie-Cibo" del Polo museale della Sardegna previsti all'Antiquarium Turritano.

A parlare di garum, la salsa di pesce amata dagli antichi romani, i rievocatori dell'associazione Sardinia Romana-Anticae Viae introdotti da Elisa Cella, funzionario per l'Antiquarium Turritano del Polo Museale. «Vogliamo indagare le abitudini alimentari dei romani» ha detto l'archeologa. E quale luogo migliore della Colonia Iulia Turris Libisonis, scalo ideale sulla rotta tra Roma e le Gallie o l'Hispania e al centro del pescosissimo Golfo dell'Asinara? Dopo la visita guidata alle maestose rovine del Palazzo di Re Barbaro, i quasi duecento presenti hanno ascoltato estasiati i rievocatori di Sardinia Romana-Anticae Viae illustrare le attrezzature da pesca dei romani. Così ami, lenze, canne da pesca improvvisate, reti, fiocine, nasse e anfore «le anfore ancor oggi vengono utilizzate in Tunisia per i polpi, le murene, i gronghi. Non c'è attrezzo migliore per pescarli: tutto quanto viene usato ancor oggi si scopre presente allora». Non si è inventato nulla, neppure nella forma e specificità di alcuni ami. A parlare del modo in cui i dominatori del Mediterraneo pescavano sono soprattutto mosaici del Nord Africa ed i reperti archeologici: da questi i rievocatori sono partiti per parlare delle peschiere dove i pesci venivano allevati e poi portati negli stabilimenti di lavorazione.

Infine il momento tanto atteso, quello della preparazione del garum. «Si taglia prima la testa del pesce e si fa sgocciolare il sangue, si spezzetta il resto del corpo. Sul fondo delle olle, negli usi privati, si pongono le erbe aromatizzate, poi il pesce ed il sale. Il tutto si ripete fino a colmare il limite. Si lascia riposare e dopo otto giorni si rimesta il tutto. Il prodotto si lascia da un mese a tre a seccare al sole sempre rimestandolo, in antico c'è chi diceva che più rimaneva sotto sale più il garum diventava migliore». Uno sguardo alle diverse tipologie, il flos garum, cioè la prima filtrazione; l'allec, sorta di paté ottenuto dal colato, e alcune varianti: allungato con acqua - hydrogarum -, con aceto - oxygarum - o bollito con vino e miele - oneogarum - e, dopo qualche comprensibile reticenza, gli astanti si offrono per l'assaggio intingendo un tozzo di pane romano. Non male!

Al termine della serata, gli interventi degli specialisti del MUT - Museo della Tonnara di Stintino Gabriele Carenti, Salvatore Rubino e di Lorenzo Nuvoli del Museo del Porto di Porto Torres.

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