La Nuova Sardegna

la rassegna 

Dalla Turchia al femminismo per un festival movimentista

Dalla Turchia al femminismo per un festival movimentista

CAGLIARI. Lo spirito movimentista di Marina Café noir ha mantenuto per tre giorni uno spazio per dibattere i temi più spinosi: la svolta autoritaria della Turchia, i migranti e la violenza sulle...

05 settembre 2017
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CAGLIARI. Lo spirito movimentista di Marina Café noir ha mantenuto per tre giorni uno spazio per dibattere i temi più spinosi: la svolta autoritaria della Turchia, i migranti e la violenza sulle donne. E a parlare di donne e delle loro rivoluzioni fuori dagli stereotipi il festival ha messo allo stesso tavolo Tatiana Montella, avvocata penalista dei centri antiviolenza, autrice del libro “Ni una menos”, che ha organizzato lo sciopero mondiale delle donne, con Fatima Bouhtouch, blogger italo-marocchina molto seguita per i suoi interventi sul web. L’accostamento stridente tra la bella musulmana incorniciata dal chador nero e la combattiva avvocata ha lasciato il posto a una visione armonica di obiettivi e battaglie su violenza di genere, educazione degli uomini, discriminazioni.

E se Tatiana Montella ha ricordato che «il femminismo è carsico, a volte emerge, altre volte è silente ma mantiene sua produzione teorica e spazi anche perché la violenza sulle donne non è un elemento episodico, privato o nascosto ma fa parte della società, è legato allo sfruttamento capitalistico», Fatima scrive spesso nel suo blog delle molestie che ogni ragazza conosce bene per averle subite negli autobus come nei posti di lavoro: «Il maschilismo non ha religione o etnia – ha detto – ci sono solo modi diversi di discriminare le donne ma il risultato lo stesso. Che siano obbligate a coprirsi o a maritarsi, o che a me venga chiesto di togliere il velo per corrispondere a un modello occidentale è una mancanza di rispetto per una donna, vuol dire che conta più l’aspetto che le competenze».

Convinta di parlare anche per le altre ragazze, immigrate di seconda generazione o islamiche dei paesi di origine, Fatima ha ribadito che «chi ha veramente a cuore la questione delle donne deve affiancarle perché spesso quando una vittima trova il coraggio di parlare le sue parole sono messe in dubbio: “è veramente così, te lo sei inventata? Ma perché eri lì? Non eri drogata o ubriaca?”. In qualsiasi circostanza la violenza è un oltraggio alla persona e se le denunce non vengono prese in considerazione questo diventa un esempio negativo per le altre donne che non avranno più il coraggio di esprimersi».

Di peggio accade nei processi o nei report giornalistici dove, almeno secondo l’avvocata Montella, un elemento ricorrente è «la tendenza a esaltare le doti dello stupratore: è un bravo ragazzo, non ha mai fatto niente, un bravo padre, un grande nuotatore, ma lei avrà bevuto o aveva la gonna troppo corta». Di qui la necessità di lavorare sull’educazione dei ragazzi in un’ottica di prevenzione delle violenze e di liberazione dal senso del possesso. (dan.paba.)

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