La Nuova Sardegna

L’omaggio a Roach e Morris dell’orchestra Burnt Sugar

di Andrea Musio
L’omaggio a Roach e Morris dell’orchestra Burnt Sugar

SANT'ANNA ARRESI. Se la trentaduesima edizione di “Ai confini tra Sardegna e jazz” è interamente dedicata a Max Roach, nel concerto di sabato sera, oltre all’omaggio al grande batterista e attivista...

11 settembre 2017
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SANT'ANNA ARRESI. Se la trentaduesima edizione di “Ai confini tra Sardegna e jazz” è interamente dedicata a Max Roach, nel concerto di sabato sera, oltre all’omaggio al grande batterista e attivista in sostegno dei diritti civili, una dedica speciale è stata rivolta a Butch Morris. La sua figura, come direttore d’orchestra e come uomo, ha ispirato il modo di conduzione della Burnt Sugar the Arkestra Chamber, di scena sul palco di Piazza del Nuraghe per il penultimo appuntamento di uno dei più longevi jazz festival europei. L’orchestra fondata trent’anni fa da Greg Tate e composta da oltre quaranta elementi, quattordici dei quali presenti nella manifestazione allestita da Punta Giara, ha portato sotto i riflettori, la produzione originale basata sulla rilettura di “We Insist! Max Roach’s Freedom Now Suite”, l'album del 1960 con le parole di Oscar Brown. Composizione che ha gettato le basi per la struttura del festival di quest’anno incentrato sulle percussioni.

La descrizione “Orchestra tentacolare” della Burnt Sugar spiega i suoi diversi aspetti. Nata con l’intento di creare composizioni originali nate dall’improvvisazione in cui ogni componente ha la libertà di esprimersi secondo la propria sensibilità, senza catalogazione di stile musicale. Nascono così brani che non hanno genere, ma che riportano alla mente il jazz, il rock, il punk, ed ancora funk, blues e tanto altro ancora. Una esecuzione coinvolgente per mettere in bella mostra la caratura artistica dei singoli componenti ed ottenere così un risultato strabiliante. Ritmi tribali che dall’Africa approdano nella musica afroamericana in cui il jazz va per la maggiore. Suoni ipnotici che sfociano in struggenti ballate. Cambi repentini di stili e generi creano una invisibile forza di attrazione fra il palco e la platea, gremita ed attenta, sempre pronta ad esultare al termine, qualche volta anche durante, di ogni esecuzione. Un pubblico che a stento è riuscito a rimanere composto nella gradinata e nel prato ai piedi del nuraghe arresino. “Garvey's ghost”, “Music is the magic”, “Man from South Africa”, “Lonesome lover”. Questi, alcuni titoli dei brani rielaborati sotto l’attenta direzione di Greg Tate.

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