La Nuova Sardegna

Popoli in fuga dalla carestia

di Luciano Piras
Popoli in fuga dalla carestia

“Sas dies de su disterru”, lo spopolamento nelle opere di Diego Asproni

13 settembre 2017
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NUORO. Popoli in cammino, ieri come oggi. In fuga per evitare la peste, la carestia o la guerra; in viaggio sotto il sole e sotto la pioggia, con la speranza di trovare un lavoro, un futuro prossimo migliore; in marcia lungo sentieri sconosciuti e senza riparo per scappare dal tiranno e dalla prepotenza. Una storia che si ripete, che ha lasciato e lascia ancora interi paesi abbandonati, spopolati e senza orizzonte alcuno. «Io ascolto i passi di questi uomini e di queste donne. Li guardo mentre dormono. Dipingo la speranza e il soffio della libertà, gli sguardi vivi, la gioia, il pianto, la paura. Io dipingo una Umanità in fuga dallo spavento. E i villaggi persi, restituisco alla vita, con la mia pittura».

È Diego Asproni a dare voce, anima e corpo a “Sas dies de su disterru”, “I giorni dell’abbandono”. «Uomini e donne appartenenti alla stessa Umanità, che nel Trecento, nel Novecento e ancora oggi si mettono in viaggio» sottolinea l’artista di Bitti. Pittore e scultore, pensatore profondo, poeta dei colori e della terra, che ora porta le sue creature nella chiesetta di Valverde, alle porte di Nuoro, con una mostra di tre giorni, questo fine settimana (in collaborazione con l’Istasac, Istituto per la storia dell’antifascismo e dell’età contemporanea nella Sardegna centrale). Venerdì l’inaugurazione, alle ore 16 (presenterà la mostra Bachisio Porru; intervento musicale di Tomasella Calvisi); sabato e domenica visite dalle 10 alle 19. Dipinti, sculture e disegni che raccontano il disastro antropologico subito dalla Sardegna tra il 1300 e il 1500, quando nell’arco di due secoli, quattrocento paesi, forse seicento o anche più, vennero abbandonati. Tra questi c’era Dure, nelle campagne di Bitti.

È lì che l’artista ha presentato per la prima volta, nel 2016, la mostra “Sas dies de su disterru”. Da Dure a Gòine, luoghi della memoria che oggi stanno per Bitti e Nuoro e per tutti i villaggi sperduti del mondo. Di questi paesi, Diego Asproni ha immaginato le case e le chiese. Sembrano villaggi del passato, ma sono i paesi di oggi: sardi, curdi, africani. Le figure dipinte vengono da questi luoghi, indossano gli stessi vestiti, parlano lingue diverse e la stessa luce brilla nei loro sguardi: libertà e pace. Diversi i secoli, uguali i sentieri percorsi, per terra o per mare poco importa. La mostra è popolata di immagini con uomini e donne in cammino colte nei movimenti quotidiani: andare, riposare, allattare i piccoli. Allestita ora nel portico della chiesetta di Nostra Sennora de Balubirde, uno spazio con pareti di pietra, intonaco grezzo e fango, in un villaggio antico, a Gòine appunto, distante appena 1.000 metri dalla chiesa della Solitudine, la mostra presenta una novità rispetto all’esposizione dell’anno scorso a Dure. «Nella cornice di Balubirde, le figure de Sas dies de su disterru – spiega Asproni – incrociano i viandanti di Grazia Deledda». Anche i protagonisti dei romanzi della Deledda sono per strada, da soli o in gruppo: paesani, novinantes, mendicanti. Tutti in cammino, cammino reale o metaforico, in viaggio verso altre mete, vicine o lontane.



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