La Nuova Sardegna

Nel suo sguardo brilla la luce di tutto un popolo

Nel suo sguardo brilla la luce di tutto un popolo

Nelle rare immagini che la ritraggono indossa un giacchino di pelliccia all'occidentale. E dai suoi occhi grande tristezza per la sorte toccata alla sua patria

14 ottobre 2017
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[[atex:gelocal:la-nuova-sardegna:tempo-libero:1.15992120:gele.Finegil.StandardArticle2014v1:https://www.lanuovasardegna.it/tempo-libero/2017/10/14/news/triste-asinara-i-giorni-al-confino-di-romane-worq-1.15992120]]L’unica concessione alla regalità è quel giacchino di pelliccia che indossa in ogni immagine che la ritrae sull’isola. Sembra visone, sicuramente esagerato per le temperature primaverili dell’Asinara, ma simbolo di grande eleganza allora come oggi. In Europa, s’intende. Perché la principessa Romane Worq, se invece di essere stata rapita fosse rimasta nella sua patria libera, avrebbe potuto orgogliosamente sfoggiare i magnifici abiti tradizionali del suo Paese. E invece anche i capelli sono acconciati all’occidentale e sotto la giacca porta un vestitino da casalinga dell’epoca, scarpe graziose ma niente di più. S’intravede, quasi nascosto nel girocollo, un gioiello etnico importante, ma ciò che più colpisce è lo sguardo di questa principessa: due occhi languidi in un viso da ragazzina che parlano di nostalgia e rassegnazione. C’è dolcezza in lei – e una certa accondiscendenza, considerata la situazione – in contrasto con lo sguardo severo della suo valletto, il quale forse non accetta che alla figlia dell’imperatore tocchi una sorte così amara.

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In questo modo appare la nobildonna nelle immagini riprodotte in queste pagine, le uniche esistenti in cui è ritratta durante la sua detenzione nell’isola e tutte quante tratte dal volume fotografico “Asinara”, pubblicato per “Mare Nostrum editrice” da Marina Rita Massidda, che è andata a cercare gli scatti di suo nonno Guglielmo. Ma molto rari sono anche i testi che citano il confino di Romane Worq dedicando all’argomento un certo spazio.

Tra quelli più gradevoli ce n’è uno intitolato “Asinara, un viaggio tra inferno e paradiso” (De Ferrari editore), scritto dal giornalista Giancarlo Rizzoglio grazie alla collaborazione di Eugenio Cossu, ex direttore del Parco dell’Asinara e profondo conoscitore delle mille e incredibili storie che nasconde questo sinuoso atollo circondato dal mare di Sardegna e Corsica. L’autore del libro da pagina 186 racconta di aver sentito un alito di vento proprio mentre era fermo a riflettere sulle vicende umane dell’isola. Un pensiero molto poetico riferito evidentemente alla principessa del melograno d’oro. «Era un soffio regale e nobile – scrive – ma di sofferenza. Là, dove si scorgevano all’orizzonte le luccicanti cale di Tumbarinu, un giovane, coloratissimo e stupendo fiore tropicale, estirpato crudelmente da una mano criminale e prepotente dalla sua madre terra, era stato segregato e condannato ad appassire». (andrea massidda)
 

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