La Nuova Sardegna

«Io e i Matt Bianco, idoli degli anni Ottanta»

di Andrea Massidda
«Io e i Matt Bianco, idoli degli anni Ottanta»

Parla il leader della storica band britannica che oggi aprirà a Cagliari gli appuntamenti serali dell’European jazz expo

31 ottobre 2017
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CAGLIARI. Quando nei primi anni Ottanta si affacciarono sulla scena jazz-soul britannica – con largo anticipo rispetto a quel movimento acid-jazz che divampò da Londra nel decennio successivo – il sound dei Matt Bianco venne definito “da aperitivo”, nel senso di fin troppo orecchiabile. Eppure la band capitanata da Mark Reilly, che proponeva musica afroamericana strizzando l’occhio al pop , non soltanto fu subito premiata dal pubblico (e ben presto dalla critica), ma è anche l’unica del genere a essere sopravvissuta nel tempo. E ora è in grado di offrire live che strappano l’applauso persino ai puristi. Per verificarlo basterà andare ad ascoltarla oggi o domani sera sul palco del B-Flat, a Cagliari, quando alle 20.30 e alle 22.30 il gruppo aprirà con due set gli appuntamenti serali dell’European jazz expo, ossia il festival internazionale “Jazz in Sardegna”, arrivato ormai alla sua trentacinquesima edizione. I Matt Bianco si presenteranno con una line-up di tutto rispetto, già molto apprezzata lo scorso settembre sul palco dello storico “Blue Note” di Milano: oltre alle voci di Mark Reilly ed Elisabeth Troy (ex vocalist degli Incognito), ci saranno il sassofono di Dave O’Higgins, la tromba e flicorno di Martin Shaw, la batteria di Sebastiaan de Krom, il contrabbasso di Geoff Gascoyne e il pianoforte di Graham Harveym, anche al fender rhodes. Artisti che vantano collaborazioni superbe (da Sting a George Benson sino addirittura a Frank Sinatra) e capaci di produrre al meglio quel mix sofisticato di pop, jazz, soul con un tocco di funk e incursioni nella bossanova che caratterizza i Matt Bianco.

Il concerto di stasera, quindi, verosimilmente offrirà al pubblico roba molto elettrizzante, come testimonia anche l’ultimo disco inciso da Reilly e compagni di viaggio, “Gravity”, registrato tra Stoccolma, Londra e Buckinghamshire. «È un progetto più maturo rispetto a quelli del 1984 in cui eravamo inseriti in un contesto pop – spiega entusiasta il leader della band, Mark Reilly –, quando eravamo all’inizio era l’epoca dei video clip e fummo lanciati con quello stile. Adesso, anche se sono passati tanti anni, la nostra musica non è cambiata molto, ma è diverso il nostro approccio, direi che è più adulto. Insomma, penso che la musica che facciamo ora sia la stessa, ma più evoluta, e che si adatti meglio alla nostra età. L’auspicio, per dirlo con dolcezza, è che chi ci ascolta si senta a proprio agio».

Mark Reilly, trentacinque anni fa il Regno Unito produceva ed esportava soprattutto rock e pop, mentre i Matt Bianco facevano parte di una ristretta élite impegnata a fare un jazz/soul. Alla fine, di quel piccolo movimento siete rimasti praticamente soltanto voi. Perché, secondo lei?

«Perché jazz e soul sono due generi che mi piacciono veramente, quindi la nostra musica non è qualcosa di artificiale, ma di naturale. Non mi sentirei bene a seguire le tendenze. Quando siamo nati, effettivamente, abbiamo ricevuto critiche da parte del mondo del jazz tradizionale, perché non facevamo jazz in senso stretto. Il jazz per noi era un’influenza, ma non stavamo cercando di fare musica jazz classica. Tuttavia il nostro mix è riuscito a generare interesse in molte persone. Penso che abbiamo creato una fusione interessante tra il jazz e la nostra musica. Un mix capace di attrarre non solo i fan storici, ma anche le generazioni più giovani ».

Ora che cosa è rimasto di hit come “Whose side are you on”, “Half a minute” e “Get out of your lazy bed”?

«Continuiamo a suonare questi brani nei concerti e il risultato sembra particolarmente buono anche ora che abbiamo un palco impostato sul jazz acustico».

Con il vostro sound la musica jazz diventa puro divertimento. Qual è il segreto?

«Ho sempre sentito l’importanza di fare canzoni ben strutturate e di incorporarci l’influenza jazz. Con il nuovo album questa virtù rimane, e credo che ciò lo renda di più facile ascolto per le persone che normalmente non seguirebbero il jazz puro».

Che rapporto c’è tra voi e il movimento Acid Jazz, nato in Gran Bretagna con Gilles Peterson, Eddie Piller e così via, alla fine degli anni Ottanta?

«Non c’è alcun rapporto: quel movimento è arrivato molti dopo che abbiamo iniziato».

Con i Matt Bianco ha anche fatto un album di bossanova, giusto?

«Non esattamente. Nel senso che in realtà “Hifi bossanova” non è un intero album dedicato a quel genere, soltanto qualche traccia. Ma mi piacerebbe molto tornare in Brasile per farne uno».

Per concludere, che concerti deve aspettarsi il pubblico dell’European jazz expo?

«I concerti saranno eseguita da una band nuovissima messa insieme da Dave O Higgins, che ha scritto con me il nuovo album “Gravity”. È il tipico “jazz combo” con tamburi, contrabbasso, pianoforte, sassofono e tromba unito alla mia voce ae a quella di Elisabeth Troy. Dave è ben noto negli ambienti jazz come uno dei migliori sassofonisti del Regno Unito e le sue band non sono da meno. Ovviamente ci sarà ampio spazio per il nuovo album “Gravity”, undici composizioni originali con una forte influenza swing».



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