La Nuova Sardegna

L’informazione nell’uragano delle fake news

di Sabrina Zedda
L’informazione nell’uragano delle fake news

Ferruccio De Bortoli e Giorgio Zanchini a Cagliari per un incontro sul ruolo del giornalismo nel mondo che cambia

08 novembre 2017
4 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. A quali notizie credere in tempi di social media quando ciascuno è bombardato da un’impressionante quantità di informazioni? Che futuro ha il giornalismo in una società che preferisce (soprattutto i giovani) informarsi prevalentemente su Facebook?

Questioni scottanti che l’altra sera, nella sede della Fondazione di Sardegna, sono state al centro di “Giornalismo oggi. Il ruolo dell’informazione nel mondo che cambia”. L’incontro, moderato dal giornalista Giacomo Mameli, ha visto ospiti l’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bertoli, e il giornalista Rai, conduttore della trasmissione di Radio Uno “Radio anch’io”, Giorgio Zanchini. Il punto di partenza sono gli ultimi fatti accaduti negli Stati Uniti: una settimana fa sono stati convocati davanti al Congresso i tre colossi Google, Twitter e Facebook perché spiegassero come abbiano potuto non capire che dietro quel polverone di notizie capace di inquinare l’ultima campagna elettorale Usa (il “Russiagate”), ci fosse la Russia.

Una domanda a cui è seguito il silenzio, cosa che in altri tempi sarebbe stata inammissibile. Come sarebbe stato inammissibile un altro fatto: «A quell’incontro ci sono andati non i titolari, ma i rappresentati legali – osserva De Bortoli – Un fatto scandaloso, che però è accaduto». Questo da solo darebbe la misura dello strapotere in mano a chi controlla i social media. Ma l’ex direttrore del Corsera continua, citando i crudi dati: negli stessi giorni in cui il trio si presentava davanti al Congresso il titolo Apple è schizzato in borsa a mille dollari, mentre nel trimestre precedente Facebook ha registrato utili per due miliardi di dollari. Dove sta la responsabilità editoriale di questi colossi, quella che li obbligherebbe cioè a rispondere dei contenuti pubblicati? «Alcune cose sono state accettate come forme di autoregolamentazione, ma qualcosa ancora ci dovrà essere», avverte De Bortoli. Che dei social pare temere soprattutto il pericolo per la democrazia: «La pubblica opinione è l’architrave della democrazia – dice, citando Giovanni Sartori – ma per questo è necessario che i cittadini siano responsabili di tutte le loro scelte e non semplicemente dei naufraghi». In questo senso, il buon lavoro del giornalista per De Bortoli aiuterebbe eccome, perché il bravo giornalista è colui che «sa separare il grano dalla pula, distinguendo cosa può essere pubblicato nel pubblico dibattito e cosa invece lo inquina».

Si chiama fact checking. Ma non sempre è così semplice. «Una notizia falsa può essere facilmente smascherata – va avanti –. Ma se una notizia falsa la condivido, diventa verosimile. E’ falsa adesso, ma non falsa domani. O forse è falsa per le fonti ufficiali, quelle che hanno il potere». Giorgio Zanchini pone ancora un’altra questione: come considerare la censura in epoca contemporanea? «Una volta la censura era impedire la pubblicazione di notizie sgradevoli – dice –. Oggi è invece più subdola: significa inondare l’utente di una quantità di informazioni tale da rendergli irriconoscibile ciò che è importante da ciò che non lo è». Zanchini pone anche un altro nodo: «Non solo il popolo dei Cinque Stelle ha trovato nei social un’alternativa ai classici media, apprezzandone la possibilità di arrivare direttamente all’opinione pubblica, ma anche tutto quel movimento di progressisti come lo studioso di fake news Walter Quattrociocchi».

Per arginare i danni, dice Zanchini, occorrerebbe ridurre il pericolo di informazioni distorte con misure come la segnalazione della scarsa attendibilità della fonte o il prosciugamento delle fonti di reddito di chi consapevolmente inquina. Cosa non facile, osserva lo stesso giornalista, visto che spesso a gestire i siti di fake sono intoccabili come i servizi di intelligence.

E dopo il “Russiagate”, potrebbe accadere lo stesso nell’Italia che si avvia alle Politiche del 2018? Sì, è la risposta di Zanchini, «è accaduto anche in Catalogna». Più scettico è De Bortoli, che ironizza: «Data la confusa situazione politica italiana, è più probabile che si getti subito la spugna». Insomma, i pericoli non sembrano facili da allontanare. Neppure appigliandosi a possibili normative: «Il diritto e la società hanno un cammino lineare, la tecnologia ha una progressione esponenziale”, aggiunge De Bortoli. Tradotto significa che un vero controllo dei social pare impossibile.

Ma un’altra soluzione c’è, e passa per le scuole: insegnare a riconoscere l’autorevolezza di ciò che si legge. «Vuol dire investire informazione, è quello che inglesi e tedeschi fanno meglio di noi», dice Zanchini. E, conclude Ferruccio De Bortoli, «per informarsi bisogna fare un po’ di fatica. Non si può pretendere di essere informati con uno sguardo distratto a diverse home page. Questa è l’anticamera dell’indifferenza».

In Primo Piano
Sanità

Ospedali, Nuoro è al collasso e da Cagliari arriva lo stop ai pazienti

di Kety Sanna
Le nostre iniziative