La Nuova Sardegna

I Malaspina, abili signori di Bosa e Osilo

di Roberto Sanna
Una veduta aere delle rovine del castello dei Malaspina a Osilo
Una veduta aere delle rovine del castello dei Malaspina a Osilo

Lo storico Soddu ricostruisce il loro dominio: un secolo di potere tra i Giudicati e i catalani

19 novembre 2017
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SASSARI. Le rovine dei loro castelli a Bosa e Osilo sono tra le immagini più suggestive della Sardegna ma la vicenda dei Malaspina in Sardegna e della loro dominazione tra il XIII e XIV secolo era una sorta di buco nero nella storia dell’isola. A colmare questa lacuna arriva adesso il volume “Signorie territoriali della Sardegna medievale” scritto da Alessandro Soddu, professore associato di Storia medioevale al Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari. Uno studio che attraverso l’esempio dei Malaspina, casato l originario della Lunigiana. territorio tra Liguria e Toscana, esamina l’affermazione e lo sviluppo delle signorie in Sardegna in quel preciso momento storico, quando lo sbriciolamento dei Giudicati produsse una nuova evoluzione della mappa del potere nell’isola.

Una lunga ricerca. Il volume, edito da Carocci, è il frutto di una ricerca che l’autore ha portato avanti con pazienza per circa vent’anni soprattutto negli archivi storici di Barcellona, Firenze e Genova. Questo perché in Sardegna le fonti sono praticamente inesistenti, addirittura dei Malaspina non è rimasto nemmeno uno stemma originale (a differenza, per esempio, dei Doria) e gli stessi castelli hanno ricevuto diverse modifiche nel corso dei secoli prima di essere abbandonati alla loro sorte. Tanto che ancora negli anni Ottanta arrivare a una ricostruzione storica delle vicende dei Malaspina in Sardegna veniva considerato pressoché impossibile. «Di fatto le signorie si spartiscono quei territori che, nei giudicati, obbedivano a un unico dominatore – dice Alessandro Soddu – e lo fanno anche senza grossi traumi, assicurando quasi la continuità. Questo perché la loro capacità di governare, e resistere nel tempo, andava di pari passo con la loro capacità di coinvolgere le élite locali, assegnando incarichi di prestigio, e anche di fare tutta una serie di concessioni alla popolazione. Magari dopo contrattazioni difficili, che i documenti ufficiali non evidenziano limitandosi a far trasparire solo l’esito finale. Il vero trauma, per la Sardegna, è stato la dominazione dei catalani, che spezzettarono le campagne creando il potere dei baroni in tanti piccoli territori».

L’arrivo in Sardegna. Il XII secolo segna l’arrivo dei Malaspina in Sardegna e le loro prime strategie di espansione. Il motivo dello sbarco in forze nell’isola è abbastanza semplice e lineare: «Fondamentalmente quello dei Malaspina era un casato rurale, che dominava un territorio alle spalle di La Spezia – spiega Soddu – e accerchiato dalla concorrenza spietata di Genova e Pisa. L’unico modo che avevano per trovare ulteriori spazi di crescita, gloria e ricchezza, era quello di attraversare il mare per conquistare nuovi territori». Il loro periodo migliore sarà tra la metà del XIII e la metà del XIV. Un secolo e mezzo di dominio pienotutto sommato non traumatico, fino all’arrivo dei catalani che prendono il potere in maniera indiscussa: i Malaspina non avevano le risorse per potersi opporre e anche nel gioco delle alleanze ben presto finirono in minoranza.

Il dominio. Fondamentalmente i Malaspina esercitarono il loro potere delegando il governo ai vicari, mentre i due castelli erano affidati ad altrettanti castellani: figure, queste, scelte all’interno di gruppi di fideles provenienti dalla Lunigiana. Non venne meno, sostiene l’autore nel libro “il ruolo del notabilato indigeno che conosce così un processo di parziale integrazione nei quadri amministrativi e mantiene un ruolo nelle attività economiche. È proprio la solidarietà di queste élite ad assicurare il funzionamento della signoria e a garantirne il consenso presso le comunità rurali”. A questo proposito Alessandro Soddu estende il concetto di integrazione non solo al periodo dominato dai Malaspina ma a tutta la storia della Sardegna sottolineando «la straordinaria capacità di adattamento della popolazione sarda alle diverse dominazioni che si sono succedute nel corso dei secoli. Questa resilienza è il vero segreto della sopravvivenza della popolazione sarda, e della sua lingua, fino ai giorni attuali. Nel gioco delle conquiste e delle dominazioni chi si oppone strenuamente, alla fine viene annientato. Come è successo, per esempio, in Corsica: la vecchia popolazione non esiste più, gli attuali corsi sono i discendenti dei pisani e dei genovesi che la occuparono».

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