La Nuova Sardegna

Train to roots: «Cantiamo la rabbia di migranti e oppressi»

di Andrea Massidda
La copertina del nuovo album dei Train to Roots illustrata da Vincenzo Pattusi
La copertina del nuovo album dei Train to Roots illustrata da Vincenzo Pattusi

Michele Mulas, voce del gruppo reggae sassarese, racconta l’ultimo album “Declaration n. 6” e le illustri collaborazioni

20 novembre 2017
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SASSARI. Undici tracce inedite arricchite dalla partecipazione di Bunna, leader e voce della storica formazione piemontese degli Africa Unite. Ma anche da un eccezionale cameo del cantautore Eugenio Finardi, che canta – traducendoli in italiano – alcuni versi di “Procurare ’e moderare”. I Train to roots, band reggae sassarese che dal 2004 a oggi è diventata a giudizio di critica e pubblico la più importante del panorama rocksteady-dub nazionale (con larghissimi consensi anche oltre i confini italiani) si è appena riaffacciata sul mercato discografico con un gradevolissimo album dal titolo “Declaration n.6”, pubblicato da Inri e distribuito globalmente da Vpal, la più prestigiosa etichetta reggae del mondo. Si tratta di una produzione che già dall’uscita del singolo “Nessuno mai” (quello con Bunna) aveva fatto fregare le mani agli amanti del genere e che si presenta molto allettante persino dalla copertina d’autore firmata da Vincenzo Pattusi. Le recensioni apparse sulle riviste specializzate parlano di un gioiellino. E in effetti è così.

Ce n’è abbastanza, insomma, per gratificare Michele “Rootsman I” Mulas (voce), Simone “Bujumannu” Pireddu (voce), Antonio “Papa’ Ntò” Leardi (tastiere), Simone “Doctor Bass” Bardi (basso), Stefano “Stiv Man I” Manai (chitarra), Giampaolo “Jambo” Bolelli (chitarra) e Alessandro “Lee Van Beatz” Sedda (batteria), i quali si apprestano ad affrontare una tournée con tappa in svariate città del nord e del centro Italia.

Ma che cosa racconta “Declaration n.6”? E come è arrivata la collaborazione con Finardi, che negli anni Settanta faceva rock progressivo? «Ogni nostro disco – risponde per tutti Michele Mulas – è un bignami di ciò che siamo e di ciò che pensiamo. Un resoconto di viaggi, di confronti tra noi della band e persone conosciute on the road, lungo la strada, ed esplicita le nostre sensazioni rispetto a ciò che succede nel mondo e nelle nostre vite. Declaration n. 6 non fa eccezione e porta con sè un messaggio, una storia o semplicemente racconta un’emozione. “Nessuno mai”, con Bunna, è un brano che affronta il sempre attuale e triste tema dell’emigrazione. É un grido di rabbia rivolto a chi gioca con il destino del mondo e nello stesso tempo è un incoraggiamento a chi fugge dalla sofferenza o dalla guerra. Siamo un popolo di migranti e non dobbiamo assolutamente dimenticarlo».

Tra i pezzi più interessanti va segnalato senza dubbio quello con Finardi, che s’intitola “Parole e Musica”. «Le nostre collaborazioni – continua Mulas – nascono in maniera spontanea, quasi naturale, e passano per vie inaspettate. Eugenio Finardi ha subito risposto alla nostra proposta dicendoci che tuttavia voleva fare qualcosa che avesse un nesso con la Sardegna. Così “Parole e Musica” è un attacco alle politiche distruttive attuate dal sistema: il maestro ha volutamente scritto quasi una prosa di “Procurade ’e moderare”, accusando esplicitamente i potenti della situazione disastrosa che distingue la nostra epoca. Un omaggio alla musica e alla cultura sarda che Finardi ama e rispetta».

In questo bel disco molto curato dal punto di vista musicale spicca anche la traccia “Bubbling”. «Troppo spesso – conclude una delle due voci dei Train to roots – ci sentiamo in dovere di giudicare o catalogare le persone per come si vestono o per come appaiono. E quel brano tratta proprio quel tema in maniera ironica, sottolineando che portare i dreadlocks non significa essere spacciatori o criminali e che non ci si dovrebbe fermare mai all’apparenza. Come insegna il compianto Bob Marley: non giudicare mai gli altri prima di aver giudicato te stesso».

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