La Nuova Sardegna

«Entro in politica e sbanco le elezioni promettendo il Nulla»

di Angiola Bellu
«Entro in politica e sbanco le elezioni promettendo il Nulla»

“Il petauro dello zucchero”, nuovo libro del comico emiliano Mini enciclopedia dei momenti surreali della nostra storia

20 novembre 2017
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MILANO. Un dizionario essenziale che fotografa con lenti surreali i nostri tempi: il comico Gene Gnocchi è tornato in libreria con “Il petauro dello zucchero” (La Nave di Teseo). Divisa per argomenti, questa mini enciclopedia, risveglia in chi legge momenti esilaranti quanto difficili della nostra storia italica, che vanno dalle gaffe dei politici: «L’ex ministro Gelmini aveva gia stanziato i fondi per un tunnel che unisse il Gran Sasso a Cernobyl, ma poi fortunatamente è caduto il suo governo» alla morbosità ottusa e un po' incolta della cronaca nera nostrana: «Se ad Avetrana non si fosse conosciuto il concetto di villetta unifamiliare non sarebbe successo niente».

Tutto serve a dipingere con tinte leggere un quadro abbastanza disperante, come ci racconta l'autore.

Perché nel titolo c'è il petauro dello zucchero?

«Perché il petauro esiste. È il piccolo animale dello zucchero. È una delle voci di questa enciclopedia. Con gli editori volevamo mettere il nome di un lemma e abbiamo scelto questo».

Nella prefazione del libro lei diventa il portavoce di quanti dicono “basta non diventeremo come quello là”. Chi o cosa la rende così insofferente?

«C'è sempre un “quello là” che detestiamo. Il disastro da evitare è diventare come quello là e il mio antidoto è partire da queste piccole pennellate. Anche Alberto Savinio scrisse la “Nuova Enciclopedia” perché non era soddisfatto dell'Enciclopedia. Chiaramente Savinio è inarrivabile però l'insofferenza è la stessa: si scrive di queste cose perché non basta più quello che propinano ogni giorno. La verità è che lo scrittore, l'umorista, è sempre un po' moralista».

Il suo libro, con la sua cifra comica e surreale, fotografa la realtà quotidiana, dunque non si esime dall'essere “politico” . Qual è la sua idea della politica attuale?

«Vedo che più del 50% delle persone non va a votare per totale sfiducia nella classe dirigente e con ragione: l’onorevole eletto dovrebbe dimostrare capacità superiori alla mia. Perché eleggere persone che non mi danno nessuna garanzia di serietà? La gente è disillusa e ha poche speranze e il libro fotografa questa situazione. Sono figlio di uno che ha fatto politica: mio papà l'ha sempre fatta come missione, con la voglia di dare una mano. Adesso è un lavoro che si fa per arricchirsi, per avere potere e spesso per abusarne».

Sulle mode tecnologiche ironizza sul concetto di “due punto zero”. Cosa c'è dietro?

«C'è la moda delle competizioni su tutto: ora c'è il 3.0 poi ci sarà il 13.0. Sarà che non sono più giovanissimo ma sento sempre più l'esigenza di staccarmi da questa competizione selvaggia segno del fallimento attuale».

Quando ha capito che la sua modalità espressiva sarebbe stata la comicità surreale?

«Ho sempre visto l'assurdità della realtà che mi circondava. Ricordo che, anche a 13 anni , di una cosa vedevo sempre il lato assurdo. Questa rabbia l'ho frequentata anche con la lettura: fin da prestissimo ho letto Ennio Flaiano, Antonio Delfini, Gianni Celati. Scrittori disincantati che mi hanno segnato. Ho capito che quello era il mio modo».

Posto che è sempre raccontare, qual' il passaggio dalla scrittura al teatro?

«È sempre raccontare, certo, ma nel teatro c'è anche un po' più di narcisismo. Quando sei sul palco e la gente ride sei veramente il padrone del mondo. Quando scrivi non hai il lettore davanti. Avere il 'lettore' davanti come a teatro, è una sensazione meravigliosa e non è determinata dall'avere successo; è il fatto di poter raccontare e avere subito un riscontro su quello che racconto».

Lei ha molto seguito. Che tipo di rapporto ha con il suo pubblico?

«In televisione non faccio quello che faccio a teatro: c'è un ritmo differente, un clima differente. Nei libri scrivo cose che non dico a teatro né in televisione. Ci sono degli specifici che rispetto. Non credo di coinvolgere un grande pubblico, credo di coinvolgere qualche persona che si fida e mi segue con affetto perché si riconosce nella mia cifra».

Chi è tra i politici quello di cui si fida un po' di più?

«Mi fidavo di Bersani, fino a quando non ha cominciato con queste metafore, con queste battute oggi forse inevitabili. Un tempo il politico si vedeva una volta all'anno alla Tribuna Politica di Jader Jacobelli. Oggi lo vedi otto volte al giorno e su tutte le reti. È inevitabile che diventi un personaggio televisivo che cerca di fare il simpatico. E quando cerchi di fare il simpatico sei finito».

Il politico di cui si fida di meno?

«Sicuramente Berlusconi. Abbiamo avuto ampie prove del fatto che lui persegue un obiettivo preciso: le sue aziende e i suoi affari. Lo fa benissimo, è un genio, ma sappiamo bene che quando dice una cosa sta pensando il contrario».

Cosa pensa dei nuovi populismi?

«Sono figli di una totale mancanza di cultura, di riflessione. E' emblematica la battaglia sullo Ius soli: sono diritti sacrosanti, acquisiti, che vanno semplicemente legalizzati. Ho una figlia di 4 anni e mezzo che va all'asilo e i tre quarti dei sui amichetti vengono da altri paesi. Ovviamente si trovano tutti benissimo insieme, qual è il problema per non riconoscere la cittadinanza a questi qui? Eppure la sinistra si fa talmente impaurire che è diventato veramente un problema».

Ma qual è che dobbiamo considerare “la sinistra”, oggi?

«Brava, con questa domanda ha fotografato la cosa. Chiedo scusa, mi sono sbagliato: io parlavo della sedicente sinistra. Oggi non c'è alcuna sinistra».

Qual è il suo consiglio dall'alto della sua visione dissacrante?

«Ho deciso che entro in politica. Ho lanciato da qualche settimana un movimento che si chiama “Il Nulla” e sto avendo dei consensi pazzeschi. Credo che quando ci saranno le elezioni mi presenterò perché veramente Il Nulla è l'unica possibilità che abbiamo. Iscrivetevi al Nulla».



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