La Nuova Sardegna

Sassari rivive tutta la magia del set di “Padre padrone”

di Paolo Curreli
Sergio Naitza con alcune comparse del film
Sergio Naitza con alcune comparse del film

Comparse e attori si ritrovano per la prima del documentario di Naitza «Eravamo giovani ma prendemmo tutto seriamente»

30 novembre 2017
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SASSARI. Si sono ritrovati in tanti ieri al cinema Moderno di Sassari per “Dalla quercia alla palma”, la prima cittadina del documentario di Sergio Naitza che ricostruisce la genesi del film “Padre Padrone”, tratto dal celebre romanzo di Gavino Ledda. Un vero e proprio “ritorno a casa”, perché la città e il suo circondario furono lo scenario del capolavoro dei fratelli Taviani nel 1976. Semplici comparse di un’opera che ha fatto la storia del cinema ma assoluti protagonisti di una esperienza personale che più di quarant’anni dopo nessuno ha dimenticato. Prima della proiezione si cercano i visi e si scambiano i ricordi guardando le foto di scena di Umberto Montiroli esposte nel foyer.

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«Ero un ragazzino di nove anni – racconta Paolo Fauli –. Giravo col “cecciu” il cerchio di bicicletta nel cortile di Rizzeddu, quando si avvicinarono con la cinepresa: “continua, continua” mi dicevano mentre filmavano. Io avevo una bella chioma da leone, dopo i provini mi scelsero per la parte di protagonista. Le prove si facevano all’hotel Deledda, ci venivano a prendere con una Simca, eravamo tutti molto contenti, ci piacevano le colazioni con brioche e cappuccino. Ma poi per la parte di Gavino bambino scelsero un ragazzino continentale e io mi accontentai di fare la comparsa nella scuola. Ma mi sono divertito lo stesso tanto, per dei ragazzi dell’epoca era un’esperienza unica, mi ricordo la scena che il maestro mi inseguiva con la cinghia intorno al banco e io gridavo “ghistu è maccu” avevo paura che me le desse davvero».

Stessi ricordi per Pietro Giordo, anche lui nella parte dello scolaretto: «Rimasi scioccato al cinema quando mi accorsi che mi avevano doppiato, “ma io quelle cose non le ho mai dette” dicevo a mi madre che mi accompagnava».

Cristiana Piazza interpretò Ignazia, la sorella di Gavino: «Venivamo dall’esperienza del teatro – racconta, la signora dirigente scolastica da poco in pensione –. Era un tempo in cui si aveva tanta voglia di fare e di uscire dagli schemi, il teatro politico era un modo di manifestare le nostre idee. Fummo notati da Giampiero Cubeddu e così ci fecero dei provini e io venni selezionata. Mi ricordo la bravura dei Taviani, arrivavano sul set con le idee chiare su tutto, incredibile la loro maniera di lavorare in tandem. Ricordo bene il giorno in cui la tv annunciò che il film aveva vinto la Palma d’Oro a Cannes, è stato incredibile. Conservo ancora i ritagli della “Nuova”». Come nel film di Naitza anche per gli allora giovani appassionati di teatro il ricordo di Cubeddu è forte. «Si occupò del casting, della ricerca dei visi e delle location – conferma il figlio Marcello –. I Taviani si fidarono del suo intuito teatrale». Vera sorpresa della prima sassarese le video-testimonianze dei protagonisti che hanno anticipato il documentario di Sergio Naitza.

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Prima fra tutte quella di Fabrizio Forte, il bambino “continentale” che interpretò Gavino scolaro. «È stato difficile ritrovarlo – dice il regista –. Poi ha letto qualcosa è, ha sorpresa, si è fatto vivo». Il video messaggio di Fabrizio Forte è commosso, anche lui rievoca i momenti magici dell’infanzia: «Ho un ricordo vivissimo dei quell’esperienza sul set– racconta nel video mentre sfoglia un libro su “Padre padrone”–. Non ho dimenticato le scene a scuola, quella intensa quando il padre picchia Gavino. Momenti drammatici, ma che dovemmo girare venti, trenta volte perché ci scappava sempre da ridere».

Gli impegni di teatro hanno fermato Omero Antonutti e Saverio Marconi. Ma il “padre padrone” Abramo e il giovane Gavino hanno mandato il loro saluto. «Una bellissima esperienza che ritorna con nostalgia, ma una nostalgia allegra» dice Antonutti. «Un film che mi ha cambiato come uomo e come attore – ricorda Saverio Marconi –. Saluto e ricordo tutti, avete contribuito a mandare un grande messaggio. Il linguaggio è importante, parlare libera».

Anche i fratelli Taviani, impossibilitati a muoversi per un problema fisico di Vittorio vogliono esserci con una testimonianza. «Ci siamo commossi a rivedere il bellissimo documentario di Sergio Naitza e avremo voluto essere qui con voi – dice Paolo Taviani nel suo messaggio –. Avremo voluto ringraziare tutti, i bambini, gli attori minori, i fratelli e le sorelle di Gavino, perché tutti sono stati importanti. Ci siamo commossi quando Omero e Saverio ci hanno raccontato di aver camminato per gli stessi prati di quarant’anni fa. Gavino Ledda è stato bravissimo nel documentario. Quando vincemmo a Cannes Omero disse: “mi sembra di essere Cenerentola, a mezzanotte tutto sparirà”, invece non è stato così».

È il senso del lavoro di Sergio Naitza; aver restituito alla coralità degli interpreti, dalle comparse ai protagonisti, il ruolo importante in un capolavoro del cinema. «Un film che nel mondo hanno visto due miliardi di spettatori – come ha sottolineato ieri il regista –. Un’opera che ha parlato a tutti gli uomini che si vogliono affrancare, in qualsiasi parte del mondo essi siano. Ed è bello che tutto sia partito dalla Sardegna».
 

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