La Nuova Sardegna

La Storia di Sardegna, dal Settecento alla nascita dell’Autonomia

di Angelo Castellaccio
La Storia di Sardegna, dal Settecento alla nascita dell’Autonomia

Con la Nuova il settimo di otto volumi. Dalla guerra di Successione allo Statuto

08 dicembre 2017
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Il settimo volume della collana “La Storia di Sardegna” di Francesco Cesare Casula, in edicola da oggi con il nostro giornale, inizia con una “lite familiare” dalle conseguenze incalcolabili. Le origini risiedono nella morte del sovrano della Corona d’Aragona Carlo II, deceduto nel 1700 senza lasciare discendenza diretta. Negli ultimi giorni di vita nomina unico erede Filippo di Borbone, nipote della sorella Maria, sposata con Luigi XIV di Francia, ma le altre potenze europee, temendo le conseguenze di un’eventuale unione della Spagna con la Francia sotto un unico monarca, che ne avrebbe fatto uno Stato forte e temibile per la rottura dell’equilibrio politico di recente instaurato, impugnano il testamento appoggiando le pretese di Carlo d’Asburgo, figlio di secondo letto dell’imperatore Leopoldo I, già sposato con un’altra sorella di Carlo II.

Conflitti dinastici. Filippo di Borbone è proclamato re a Madrid il 18 febbraio 1701 con l’ordinale V, ma una parte della Corona d’Aragona si schiera con Carlo incoronandolo a Barcellona, il 7 novembre 1705. Scoppia così la guerra di Successione: da una parte stanno Spagna e Francia, dall’altra Austria, Prussia, Inghilterra, Olanda, Portogallo e Principato di Piemonte, di cui è a capo Vittorio Amedeo II di Savoia che, pur essendo suocero di Filippo, odia il genero che non lo ha mai invitato a pranzo in quanto “non è re”.

I nobili sardi. Anche in Sardegna si formano due partiti, guidati rispettivamente da Francesco di Castelvì ed Artal de Alagòn. Dopo tante vicissitudini che vedono sconfitto Filippo V e la Corona di Spagna praticamente dissolversi, la guerra si chiude con la pace di Londra del 1718. A guadagnarci è Vittorio Amedeo II, che nel 1720 ascende (questo è il suo obiettivo) alla dignità di re ottenendo il Regno di Sardegna. Come scrive Casula, la dinastia dei Savoia, pur di antichissima origine, non era infatti mai riuscita ad ottenere un reame; per questo il Regno di Sardegna costituisce la realizzazione di un sogno perseguito da tempo, che la pone fra le grandi casate d’Europa. Grazie al trattato di Londra Vittorio Amedeo II diviene il diciassettesimo sovrano del Regno di Sardegna con l’ordinale I, in quanto – precisa Casula – è lo Stato ad identificare il monarca, non la Casata.

Riformismo sabaudo. Gli succede Carlo Emanuele I (III di Savoia), che avvia in Sardegna la stagione del riformismo sabaudo procedendo all’introduzione della lingua italiana nelle scuole sarde, alla rifondazione delle Università di Sassari e Cagliari, alla revisione dei consigli comunali con l’attivazione di “un consiglio ordinario di comunità formato d’un ristretto numero di persone”, all’istituzione dei Monti frumentari, “un deposito comune da cui ciascun contadino potesse attingere con modica spesa per procurarsi la semente”.

La rivolta di Angioy. A seguire troviamo Vittorio Amedeo II (III di Savoia) che, appassionato di armi, costruisce una serie di costose fortificazioni. Anche se realizza i Monti nummari per consentire ai contadini di ottenere prestiti a basso costo, e la Giunta di ponti e strade per migliorare l’antiquata rete stradale, suscita malcontento per l’allontanamento dei Gesuiti; contro di lui son dirette le rivolte antipiemontesi del 1794 e del 1796; l’anniversario di quest’ultima, guidata da Giommaria Angioy, è celebrato dalla Regione sarda come “Sa die de sa Sardigna”.

Occupazione napoleonica. Vengono dopo Carlo Emanuele II (IV di Savoia), che dal febbraio 1799, a causa dell’occupazione napoleonica del Piemonte, si trasferisce per quindici anni a Cagliari; Vittorio Emanuele I, sotto il cui regno si realizzano, senza successo, un lanificio e una cartiera, ed avvengono i tentativi rivoluzionari del Sulis, del Cilocco e del Sanna Corda e l’Editto delle chiudende, che interrompe certi atavici usi comunitari delle terre avviando annose dispute tra contadini e pastori.

Abolizione dei feudi. Con Carlo Felice, ricordato più che altro per la ricostruzione della strada Porto Torres-Cagliari, termina la dinastia dei Savoia-Amedei; subentra con Carlo Alberto quella dei Savoia-Carignano, cui si devono l’abolizione del feudalesimo, la riorganizzazione dell’amministrazione finanziaria degli Enti locali, del sistema monetario (ancora ancorato al rapporto lira, soldo, denari) e del servizio postale. Avviene sotto il suo regno (il 29 novembre 1847) la tanto criticata “Perfetta fusione”: i sardi, tramite alcuni rappresentanti degli Stamenti parlamentari, gli chiedono di rinunciare alla statualità federale in cambio di alcune agevolazioni fiscali, passaggio che comporta la trasformazione dello Stato da composto ad unitario o semplice, con un solo popolo, un unico territorio, un solo potere pubblico.

Unità d’Italia. Il 18 febbraio 1861 Vittorio Emanuele II inaugura a Torino il nuovo Parlamento formato dai deputati di tutti gli Stati e territori italiani facenti ora parte del Regno di Sardegna rifiutando il titolo di re degli italiani con l’ordinale iniziale I per mantenere quello sardo, appunto II. Conferma tale volontà il 17 marzo 1861 quando, con l’approvazione del Senato e della Camera dei Deputati, firma come Vittorio Emanuele II, non I, la legge che proclama il Regno d’Italia, con un atto che – si legge nei manuali di Diritto costituzionale consultati dal Casula – vede nell’appellativo di Regno d’Italia non la costituzione ex novo di un’entità politica statale, ma «solo il nuovo nome, più appropriato alla nuova situazione di fatto, assunto dallo Stato sardo”. Logica, pertanto, la conclusione che “L’attuale Stato italiano non è altro che l’antico Regno di Sardegna ampliato nei suoi confini».

Il Regno del Sud. Il 29 settembre 1943 con l’arrivo degli anglo-americani l’isola viene inclusa nel “Regno del Sud”, l’Italia meridionale liberata, dove si organizzano i primi partiti del dopoguerra. Il 2 giugno 1946, a seguito del referendum istituzionale fra Monarchia e Repubblica ,prevale la forma istituzionale repubblicana, e l’11 giugno viene proclamata la Repubblica italiana, con primo presidente provvisorio Enrico De Nicola. Nell’estate inizia la risolutiva campagna antimalarica, avvenimento tra i più significativi della recente storia dell’isola.

L’Assemblea costituente. Intanto, la Consulta regionale, nata nel dicembre del 1944, elabora uno Statuto speciale per l’autonomia amministrativa della Sardegna da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea costituente repubblicana. Il testo, approntato il 29 aprile 1947 in forma criticabilissima, il 21 giugno seguente viene inserito dall’Assemblea costituente nell’articolo 116 della Costituzione italiana, collocando la nostra isola fra le Regioni periferiche alle quali «vengono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia». Il 31 gennaio 1948, infine, approva non senza difficoltà lo Statuto speciale per la Sardegna, emanato con legge costituzionale numero 3 il 26 febbraio 1948.

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