La Nuova Sardegna

“Dolci, sante e marescialli”, storie di provincia

di Francesco Pinna
“Dolci, sante e marescialli”, storie di provincia

Domani ad Alghero presentazione del romanzo di Giampaolo Cassitta: la Sardegna degli anni ’50

16 dicembre 2017
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Metti una parte abbondante di Giovannino Guareschi, padre di Peppone e Don Camillo, un pizzico di De Sica per richiamare le immagini del maresciallo e la bersagliera, aggiungi una dose consistente di Piero Chiara, maestro nel raccontare la provincia italiana e una spruzzata di De André, quello della mitica Boccadirosa, che portava a spasso l’amore sacro e l’amor profano. Il risultato non è una pietanza da Masterchef, ma “Dolci, sante e marescialli” (Arcadia editore, 13 euro), l’ultima fatica letteraria di Giampaolo Cassitta, funzionario del ministero della Giustizia, esperto di carcere, di disagio giovanile e di ultimi, con una passione smisurata per la scrittura.

Il romanzo (che sarà presentato per la prima volta domani a partire dalle 19 alla libreria Cyrano di Alghero), è una sorprendente e divertente storia ambientata nella Sardegna degli anni Cinquanta, a Roccabuiedda un paese immaginario tra Sassari e Alghero, dove tutto scorre con i tempi e i ritmi di un mondo lontano, tra la chiesa e il bar, la fermata del bus e la pasticceria, dove vizi e virtù s’incontrano in piazza. A scuotere la tranquillità della comunità arriva un cambiamento di data per la festa della patrona santa Rita e di conseguenza uno spostamento dei voti e dei fioretti che ne accompagnano la devozione.

Lo choc innesta una serie di colpi di scena, tra sparizioni di statue e indagini, confronti e dialoghi esilaranti che fanno emergere i tre personaggi principali: Donna Matilde, moglie del vicensindaco democristiano, devotissima e vulcanica animatrice della vita del paese; il saggio maresciallo dei carabinieri Fabotti, comunista, gran fumatore e depositario della legalità e il parroco Don Martino, che esordisce da Don Abbondio e si trasforma in un Fra Cristoforo. Attorno a loro un’umanità semplice di una Sardegna in bianco e nero dove gli uomini sognano escursioni trasgressive in città e le donne la vita dei protagonisti di “Grand Hotel” e le storie da fotoromanzo.

«E’ una storia che avevo dentro da tempo – racconta Cassitta – avevo voglia di confrontarmi con qualcosa di diverso da tutto quello che ho scritto finora: il carcere, i sequestri di persona, la strategia della tensione, la mafia. Avevo voglia di leggerezza, di una storia che facesse sorridere, che raccontasse l’importanza delle piccole cose, i soprannomi di paese, l’arte del compromesso, la capacità di saper chiudere un occhio con un tono di romanticismo. Perché Roccabuiedda e il 1957? Perché è l’anno in cui si sposarono i miei genitori, un periodo in cui la televisione non esisteva e la gente si parlava per davvero. E’ un mondo senza rumori di sottofondo e quelli che si sentono sono riconoscibili. Roccabuiedda rappresenta la provincia italiana, la Sardegna dell’interno, quella con il sindaco, il prete, il maresciallo che sfilano assieme alla festa del patrono che resta l’appuntamento più importante della vita del paese e alla quale partecipano anche i comunisti. E’ un paese dove il minimalismo è il motore della vita».

In effetti “Dolci, sante e marescialli” è l’elogio della leggerezza e ha i suoi punti di forza nel racconto da romanzo sudamericano e nel tratto dei personaggi quasi da palcoscenico. Eppure l’ultimo libro di Giampaolo Cassitta, “Gli ultimi sognano a colori” racconta la vita di Padre Salvatore Morittu, fondatore delle comunità di recupero nell’isola. Dalla biografia di impegno sociale al racconto modello Piero Chiara sulla provincia. Un bel salto.

«Quello su Morittu – risponde Cassitta _ è stato il libro più intenso che ho scritto. La vita di padre Morittu viaggia su strade difficili. Raccontarla è stata un’esperienza unica, bellissima, ma è stato un capitolo della mia passione narrativa. “Dolci, sante e marescialli” è un passaggio che mi porterà da qualche altra parte. E’ una storia soffice e dolcissima. Mi piaceva l’idea di un piccolo paese dove ci si scontrava con il potere lontano, in questo caso un’imposizione papale, e per vincere si trovano soluzioni unitarie, cose che oggi neppure nello stesso partito politico si trovano. Il paragone con Piero Chiara mi lusinga, l’ho amato molto in gioventù. Era una bella storia da raccontare, spero di averlo fatto con leggerezza e sottile ironia».



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